27 gennaio 2007

Dick, Dick e ancora Dick (di passaggio in libreria)


I'm Watching You
Originally uploaded by Iguana Jo.
In libreria c'era una volta lo spazio dei libri di fantascienza, una dozzina di scaffali ben visibili in un reparto tutto per loro. Negli ultimi anni questo spazio è andato via via riducendosi, mimetizzandosi con quello fantasy che invece è cresciuto, perdendo la sua connotazione cromatica che lo rendeva immediatamente riconoscibile (che fine anno fatto i Cosmo Oro?) per ridursi ormai a un paio di scaffali tra i libri di cinema, quelli di fantasy e i fumetti lì nei pressi.
Ma cos'è che caratterizza questo spazio? Quali sono le presenze dominanti (gli autori di moda?) che riempiono il piccolo spazio dedicato alla fantascienza nelle librerie italiane?

Fino a dieci/quindici anni fa la fantascienza in libreria era caratterizzata da due elementi immediatamente riconoscibili. I dorsi color oro e argento delle serie Nord, e poi l'immancabile taappeto di titoli del Buon Dottore. I primi erano dedicati agli specialisti del settore mentre la messe di titoli asimoviani erano destinati al frequentatore distratto, al neofita, a chi voleva assaggiare il genere. Poco importava se i romanzi in questione risalivano anche a quarant'anni prima, poco importava se nel frattempo la fantascienza era diventata qualcosa di diverso. Asimov era Asimov. E non c'era niente da fare.
Poi, verso la fine degli anni novanta, è successo qualcosa. Non so a chi vada imputata la responsabilità del cambiamento, se alla critica ufficiale, al pubblico generalista, agli editori o ai librai stessi ma di punto in bianco gli enormi spazi dedicati a Asimov sono stati poco a poco erosi dal Nuovo Grande Autore Fantascientifico del momento (nuovo per il grande pubblico almeno).
Poteva essere Gibson (che in un certo qual modo un suo spazio librario se l'era conquistato), poteva capitare a Banks (la vera bomba sf degli anni '90) e invece l'onore del titolo in questione è stato conferito a un autore scomparso ormai da una decina d'anni: Philip Kindred Dick. Il buon vecchio Dick la gloria se la merita anche, almeno per la carriera da outsider che ha condotto per tutta la sua vita, ma davvero meritava tutti i riflettori solo per lui? Siamo sicuri che avesse davvero tutti questi meriti? I suoi romanzi son tutti capolavori? Le sue idee così sfolgoranti?

Beh… sulla sua visionarietà, sulle sue capacità immaginifiche, sulla sua capacità di giocare tra realtà e paranoia c'è poco da dire. In questo Dick è stato un vero maestro. Basta leggere uno qualsiasi dei suoi racconti per rendersi conto delle sue capacità di rendere su carta la portata rivoluzionaria delle sue creazioni, delle sue visioni. Ma i romanzi? Beh… a frequentare le varie comunità sf on-line sembra che ci sia un vero e proprio culto dei romanzi dickiani, dai più rinomati fino a quelli che solo i fan più accaniti potrebbero considerare leggibili (sicuramente c'è in giro qualche estimatore anche de L'ora dei grandi vermi, tanto per dire).
Però io tutta questa ammirazione davvero non la capisco. Non ho letto tutti i romanzi del nostro, solo una mezza dozzina. Ma tra questi ci sono The Man in the HIgh Castle (a seconda della traduzione italiana La svastica sul sole o L'uomo nell'alto castello), Le tre stimmate di Palmer Eldritch e Ubik ovvero tre tra quelli che sono considerati i suoi massimi capolavori.
Non che questi romanzi siano privi di qualità, tutt'altro, ma nessuno è esente da quelli che per me sono enormi difetti. Primo tra tutti e caratteristico dello stile dickiano, una sorta di disordine compositivo, di scarsa padronanza dello sviluppo narrativo del romanzo che m'è parso presente in tutti i libri letti (con l'eccezione de La svastica sul sole, molto più curato, ma anche decisamente più normale come costruzione narrativa) e che ho trovato quanto meno fastidioso. Come se ci si ritrovasse a leggere la prima bozza di un grande romanzo che l'autore, vuoi per scarsa cura o per mancanza di tempo, avesse deciso di pubblicare così, senza troppo riguardo per chi poi quel libro lo avrebbe letto.

Insomma, se nei racconti la forma e la sostanza dell'opera dickiana merita un plauso incondizionato, tutte le volte che mi son ritrovato a leggere un suo romanzo alla fine erano la delusione e il rimpianto le sensazione più forte.
Delusione e rimpianto che si provano quando si arriva a un passo dalla rivelazione, a un attimo dalla possibilità di dare un'occhiata oltre il velo della nostra realtà, di scorgere la Verità. Tutte occasioni frustrate dall'incapacità di Dick di mantenere fino in fondo il controllo della materia narrata, del mondo ricreato dalla sua immaginazione.
So che la mia opinione è decisamente minoritaria, ma tant'è, io sono qui e aspetto le repliche dei Veri Credenti.

Ah… per quanto riguarda le librerie: mi sembra che anche la moda dickiana abbia ormai i giorni contati. Purtroppo non si vede nessuno all'orizzonte (o meglio, gli editori o chi per loro non vedono nessuno) capace di prendere il posto di Dick come apripista del reparto fantascienza. Temo in un ritorno in grande stile del Buon Dottore, o ancor peggio l'estinzione definitiva dei due poveri scaffali fantascientifici sopravvissuti.

Staremo a vedere. Per ora approfittatene, andate a comperarvi un libro di fantascienza. Finché riuscite a trovarne.

22 gennaio 2007

Buon compleanno, nonna Laura!


Nonna Laura, by Iguana Jo.
Voi riuscite a immaginarvi con 97 anni di ricordi? Con 97 anni di vita, con due guerre mondiali che ti attraversano la strada, con una famiglia che cresce, che nasce, con qualcuno che muore o che si perde? Per novantasette anni?
Io non ci riesco, e quando parlo con mia nonna Laura, che proprio oggi festeggia il novantasettesimo compleanno, rimango sempre meravigliato. Quante cose devono aver visto i suoi occhi, com'è cambiata la realtà dal suo punto di vista. A lei che è nata contadina nel Trentino dell'imperatore, che effetto potrà mai fare la nostra fretta, tutti i nostri impegni, il nostro essere costantemente di corsa?

Nemmeno un mese fa Francesco, che tra poco compie nove anni, doveva intervistare la persona più anziana della famiglia come compito delle vacanze. Abbiamo preso l'occasione al volo per rivivere con la nonna i tempi della sua infanzia, quando finita la scuola andava a pascolare le pecore sui monti della val di Non, la sua paura di incontrare l'orso (e quando l'incontro avvenne davvero la corsa a perdifiato per tornare a casa), gli anni terribili della prima guerra mondiale, con la fame patita che ancora la fa star male, l'andar via di casa appena dodicenne, a servizio nelle case dei signori, a Trento, e poi fino a Napoli, e poi di nuovo a Bolzano. I signori gentili e quelli da temere, e poi metter su famiglia, con un'altra guerra alle porte…

E questi sono solo i suoi primi quarant'anni, la mia età insomma. Quarant'anni davvero inconcepibili per me, seduto dietro al monitor a far passare il tempo, a chiacchierare amabilmente di libri o di cinema o di fotografia.

Che poi a ben guardare se sono qua a scrivere queste righe un po' di responsabilità ce l'ha sicuramente anche lei, che quello che sono è anche il posto da dove arrivo, la famiglia in cui sono cresciuto. La storia che lei, che noi, abbiamo vissuto.

Non so se abbiamo ancora dei debiti con chi ci ha preceduto, di certo almeno un grazie i miei nonni se lo meritano. Grazie quindi nonna Laura. Per tutti i tuoi 97 anni di lavoro, di gioia e di dolore. Per essere sempre stata la roccia su cui tutti potevano contare, per le torte e i regali, per i ricordi, per la famiglia che col nonno siete riusciti a crescere.
Grazie e auguri.
Buon novantasettesimo compleanno!

16 gennaio 2007

Aria nuova?


Un'altra freccia bianca, by Iguana Jo.
Mica tanto…
Ho provato a fare qualche cambiamento alla grafica del blog. Il template che ho sfruttato (snapshot tequila) mi pare effettivamente più fresco del precedente, anche se non è certo il massimo. Per ora comunque rimarrà così, almeno fino a quando non riuscirò a trovare il tempo di capire come funzionano gli stili e i template e riuscire quindi a sfoggiare una grafica personalizzata.

Se poi Annalisa che è l'artista di casa decidesse di darmi una mano…

09 gennaio 2007

Me vs. la Letteratura Italiana


Picture by Norma Desmond
Stavo riflettendo sul mio rapporto con la letteratura italiana.
Sono arrivato alla conclusione che i maggiori responsabili dei miei pregiudizi riguardanti le capacità letterarie dei nostri connazionali sono due.

Il primo è il sig. Giacomo Leopardi. Con la complicità del corpo insegnante tutto mi ha fatto credere che per essere letterati sia necessario soffrire, sia d'obbligo il dedicarsi alla biblioteca di famiglia e il rifugiarsi in un eremo lontano dalle umane vicende. Secondo i professori che hanno accompagnato i miei poco amati percorsi letterari scolastici l'Autore italiano perfetto dovrebbe astenersi dal lavoro manuale, evitare di mescolarsi alle persone comuni, vivere in uno stato di esaltazione artistica sfociante nel metafisico, dedicarsi alla composizione dell'opera definitiva, soffrire di qualche malanno fisico e/o amoroso e/o politico.
O sì, ci sono delle eccezioni, ma l'unica che ricordo è quella del buon vecchio Cecco Angiolieri , antesignano del cyberpunk apocalittico più spinto, ovviamente poco gradito all'establishment letterario e troppo avanti per la cultura del suo tempo. Se i professori ci dedicano un po' d'attenzione è proprio per evidenziarne l'eccezionalità, non certo per farne riferimento letterario o pietra di paragone.

Il secondo responsabile della mia scarsa attenzione alla produzione artistica nostrana è senza dubbio Henry Miller.
Certo non è l'unico, ma mi pare che in lui siano riassunte molto bene le caratteristiche di quella schiera infinita di altri autori esuberanti, sbevazzoni, tossici, o semplicemente fantascientifici, che hanno accompagnato le mie esplorazioni letterarie lungo la via.
Questa gente m'ha convinto che per scrivere bisogna innanzitutto vivere, o almeno guardarsi attorno; che l'opera letteraria non deve puntare (solo) allo sconvolgimento delle coscienze, ma può essere anche puro intrattenimento; che un romanzo non debba per forza puntare a sviscerare i massimi sistemi, ma possa anche avvincere, divertire, emozionare.

Secondo voi a chi avrei dovuto prestare più attenzione?
Ai professori che predicavano o agli scrittori che viaggiavano?

Ecco quindi le mie conclusioni.
Se io non riesco ad apprezzare compiutamente le proposte dei nostri autori non crediate che non abbia gusto, che rinneghi le mie origini o che sia un ignorantone qualsiasi. Date piuttosto la colpa ai signori succitati. Io sono solo la vittima delle cattive compagnie incontrate per strada.

04 gennaio 2007

Flickr. Anno secondo.


Il cane portoghese, by Iguana Jo.
Sono passati due anni da quando vagando per la rete ho scoperto l'esistenza di flickr. Il primo anno è stato incredibile, fantastico, indimenticabile. Quest'anno invece com'è andato?

Se da una parte lo stimolo a fotografare sempre meglio e sempre di più è rimasto inalterato dall'altra la sopresa della scoperta, l'entusiasmo dell'esplorazione sono andati via via calando nel corso dei mesi di quest'anno flickriano. Il calo è senz'altro fisiologico, ma a volte mi prende il dubbio: che abbia già raggiunto la mia soglia di saturazione visiva? A forza di vedere immagini si diventa molto più critici rispetto alla qualità tecnica e alle emozioni che sono in grado di convogliare e quindi molto più esigenti rispetto a quanto flickr ha da offrire. Questo per me vuol dire essere molto più selettivo nella scelta dei contatti, molto più parco nel lasciare commenti entusiastici e decisamente più concentrato sulla mia produzione rispetto a quella altrui. Questo non significa aver perso la voglia di guardarsi intorno ma piuttosto, vista anche la contemporanea riduzione del mio tempo disponibile per la rete, una maggior attenzione a chi di stimoli continua ad offrirne, a chi continua ad avere qualcosa da insegnare, oltre che a quelle conoscenze che via via che passa il tempo tendono a trasformarsi in amicizie.

Perché quest'anno è stato caratterizzato anche dalla scoperta fisica e reale delle persone dietro alle macchine fotografiche. Molte delle icone che vedevo comparire nei vari stream fotografici sono diventate facce, parole, persone vere. In questa voglia di conoscersi e confrontarsi ho probabilmente riversato tutto l'entusiasmo risparmiato in rete: in fondo le persone sono più importanti delle foto che postano, no? Beh… c'è un sacco di bella gente in giro, sapete. E a chi prova a ripetermi che la rete isola le persone… beh… non so proprio più cosa dire.
Da questi incontri, dalle chiacchiere in rete, dai contatti e dalle comunicazioni virtuali nascono un sacco di cose, alcune realizzabili, altre ipotetiche. Alla fine ti trovi con mille progetti, iniziative, programmi. Ecco quindi che in questi mesi flickr è passato dall'essere il fine ultimo della mia attività fotografica (e lo è stato, almeno in parte, all'inizio) a una mera possibilità, magari una vetrina, senz'altro un canale di comunicazione e uno stimolo al confronto ma senza più rappresentare, almeno per quanto mi riguarda, lo sbocco pubblico esclusivo della mia attività fotografica. Dopotutto nell'ultimo anno abbiamo iniziato (io e Annalisa) a scattare a livello semi-professionale. a vendere foto, a pensare a ipotetiche mostre. Insomma, quello che è nato soprattutto come un gioco sta crescendo. Vedremo in futuro come e se si trasformerà in qualcos'altro.
Rimanete collegati.