30 novembre 2007

Sesso, paranoia & battaglie spaziali


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Davvero non saprei cosa chiedere di più a un prodotto televisivo. Ho appena finito di vedere la prima stagione di Battlestar Galactica e ne sono rimasto folgorato.
Mai mi sarei aspettato di diventare un assiduo spettatore del remake di una serie che all'epoca della sua prima incarnazione era per me sinonimo di insulsaggine televisiva. Il Galactica anni '80 era un tripudio di plastica e riflessi metallizzati, con personaggi che definire scontati sarebbe già fargli un complimento, in un contesto totalmente risibile e definitivamente fasullo. Ora invece il genocidio delle 12 colonie, la fuga dei sopravvissuti, il comandante Adamo, Apollo, Scorpion, i Cyloni stessi hanno assunto le sembianze ultrarealistiche di un serial drammatico e coinvolgente.

Battlestar Galactica ha tutto quello che le serie televisive degli ultimi tempi hanno in abbondanza (penso a Heroes, o a Lost, tanto per dire), ovvero una realizzazione tecnica magistrale, una complessità della cornice narrativa che rende indispensabile la visione continua della vicenda e un alto numero di personaggi coinvolti, senza però tutti quei difetti che le affliggono: trame inconcludenti, colpi di scena del tutto arbitrari, personaggi che nonostante le ottime premesse iniziali si avvolgono su se stessi diventando la caricatura di uno stereotipo.

Insomma il mix tra fantascienza, azione e politica che ha caratterizzato il primo scorcio di programmazione di Battlestar Galactica mi ha entusiasmato come da tempo non mi accadeva per un serial televisivo.
Merito degli attori tutti perfettamente calati nella parte; del contesto globale in cui si svolgono i singoli episodi, che non è ne troppo ingombrante ne stolidamente superficiale; della forza drammatica delle singole puntate, quasi tutte in perfetto equilibrio tra narrazione seriale e autoconclusività.
Ma probabilmente la vera forza della serie sta nella capacità degli autori di mantenere sempre alta la tensione drammatica, sia offrendo soluzioni (o ulteriori complicazioni) non (troppo) scontate alle situazioni narrative, sia coinvolgendo lo spettatore in confronti fortemente ambigui dal punto di vista etico/morale. Il tutto condito da un'atmosfera che si fa sempre più paranoica man mano che prosegue il viaggio della flotta di sopravvissuti.

Nei prossimi giorni proseguirò la visione con la seconda stagione, sperando che la qualità degli episodi rimanga sempre la stessa. Insomma, temo proprio di essere precipitato in un tunnel.


27 novembre 2007

Una sera allo stadio


Picture by Iguana Jo.
Grazie a una serie di circostanze speciali sono riuscito ad ottenere un accredito da fotografo per la partita valida per le qualificazioni al campionato europeo di calcio tra la nazionale italiana e quella delle isole Far Oer.
Tenuto conto che è stata la prima volta che entro in uno stadio per una partita di calcio da quando mi ci portava mio padre, devo dire che le cose sono andate abbastanza bene. Non essendo un gran tifoso la spinta per andare allo stadio è stata fornita prima di tutto dall'opportunità di fotografare una situazione unica, oltre che dall'occasione di provare le sensazioni di un evento importante quale può essere l'arrivo della Nazionale di calcio in un contesto provinciale come quello modenese.

Ecco dunque qualche immagine e alcune note a margine della mia dilettantesca partecipazione fotografica all'incontro Italia-Far Oer.

- La prima cosa che mi va di sottolineare è che la nazionale italiana di calcio vista nuda e cruda, senza cioé l'intercessione mediatica che accompagna l'evento televisivo, è decisamente più simpatica. Spogliata di tutta la retorica di cui è infarcita ogni sua apparizione, la nazionale diventa una semplice squadra di calcio, e quando scende in campo è quello che conta. E non c'è grande differenza (magari quella tecnica, ma il sudore in fondo è uguale per tutti) tra assistere alla prova dell'Italia da quella di qualsiasi altra partita di pallone sia dato occasione di guardare.

- i veri fotografi (veri per distinguerli da quelli come me, dilettanti allo sbaraglio) sono lavoratori, ne più ne meno come noi che ci tocca andare in ufficio/in negozio/in officina tutte le mattine. Solo che fanno orari e hanno luoghi di lavoro decisamente più scomodi. Però nonostante tutta questa normalità, i fotoreporter continuano ad essere circondati da un'aura quasi mistica, per accorgersene basta dare un'occhiata a come sono osservati dal pubblico che li circonda. Sarà il silenzio e la concentrazione che caratterizza il loro lavoro (ed è strano percepire quel silenzio all'interno della bolgia di uno stadio esaurito in ogni ordine di posti), sarà l'attrezzatura che si portano dietro, sarà l'aspetto decisamente ruspante, fatto sta che in genere risultano decisamente più umani e allo stesso tempo più speciali dei colleghi giornalisti al seguito.

- Seguire la partita da bordo campo si è rivelata alla lunga una bella noia. Esaurita la novità della situazione (più o meno il primo quarto d'ora del primo tempo :-) rimane l'interesse fotografico, soprattutto se la nazionale si riversa spesso e volentieri (e con ottimi risultati) nella zona in cui hai deciso di appostarti. Ma quando poi arriva il secondo tempo e la squadra inizia a tirare i remi in barca, aspettare che si decidano a proporsi in attacco non è certo la cosa più eccitante del mondo…
C'è poi da dire che vuoi per la mia inesperienza, vuoi per l'effettivo deficit hardware, non è che fotografare il calcio mi abbia dato tutte queste soddisfazioni. Anche dal punto di vista puramente estetico, credevo che il calcio visto dal vivo fosse più bello. In effetti fotografare il rugby (parlo di rugby perché è l'unica altra mia esperienza con uno sport di squadra…) mi è parso molto più soddisfacente. Anche se su questa cosa sarà il caso di tornarci il giorno che riuscirò a fotografare una partita del 6 Nazioni! :-)

Ma tutto considerato quella di mercoledì scorso è stata una bella serata, non ha piovuto (il che viste le previsioni meteorologiche è stato una bella fortuna!) e l'Italia ha pure vinto per 3-1. Io dico che ci si può accontentare.


19 novembre 2007

Napoli, anno 2059


Picture by Iguana Jo.
Partiamo subito con la cosa davvero fondamentale. Se non avete ancora tra le mani Sezione π² datevi una mossa. Tra poco più di dieci giorni finirà nell'oblio degli Urania passati. Poi non dite che non siete stati avvertiti.

Detto questo ecco qualche nota sul romanzo.

Nonostante qualche ingenuità, alcune debolezze e un macroscopico difetto nella trama Sezione π² è un romanzo che si legge tutto d'un fiato: una storia avvincente in un contesto formidabile.

Le potenzialità della scrittura di Giovanni De Matteo mi hanno davvero impressionato, forse ancor più delle effettive qualità della vicenda narrata. Questo potrà anche non essere il Romanzo di Fantascienza Italiana che stiamo aspettando da una vita, ma forse Giovanni è l'Autore fantascientifico che mancava dalle nostre parti.
I miglioramenti nella sua capacità compositiva sono evidenti, basta confrontare il romanzo con i racconti già editi in precedenza. Molti dei difetti a cui accennavo (vedi qui) sono stati felicemente superati (la dipendenza da modelli precedenti, la debolezza dei personaggi femminili, un'eccessiva enfasi descrittiva…). In Sezione π² abbiamo sia la creazione di personaggi tridimensionali, credibili, veri sia una descrizione dello scenario davvero perfetta: originale quanto basta, immediatamente percepibile e credibile nella sua allucinata sostanzialità. E i rimandi a Dick, a Gibson, a tutto il background fantascientifico e culturale (la sviccata!) che ha contribuito a formare la visione dell'autore hanno il sapore gustoso di partecipati omaggi che arricchiscono il contesto senza distrarre il lettore. Insomma, la Napoli di Giovanni è talmente vera che a fine lettura ti rimane il suo odore addosso.

Tutte queste qualità non impediscono di notare ancora alcune debolezze. Ogni tanto Giovanni si innamora della sua scrittura e perde un po' il controllo della vena descrittiva (soprattutto quando è Briganti che guarda/sente/percepisce la sua versione della realtà), alcune scene, o meglio alcuni personaggi (uno in particolare) non riescono a raggiungere un tono davvero personale, a parlare con una voce riconoscibile, indebolendo così la capacità evocativa del momento (hint: il Chivas non è un brandy! e no, mi spiace, non ce lo vedo proprio come carburante preferito del cajun ;-)).
Altri momenti li ho trovati del tutto superflui, in compenso alcune scene sono davvero memorabili (la mia preferita è quella dell'apocalisse virtuale, spero sia chiaro a quale mi riferisco, davvero potente e immaginifica…).
E poi c'è quel difetto sostanziale nella trama che a patto di notarlo, fa perdere molta della credibilità alla vicenda gialla che sostiene il romanzo.
Ma anche questo aspetto, seppur per certi versi fondamentale, è solo un dettaglio: la cosa migliore di Sezione PiQuadro non è la costruzione poliziesca, è piuttosto lo spettacolo fantascientifico che Giovanni De Matteo mette in piedi. Il 2059 che descrive è terribilmente credibile: lo sfacelo urbano, la catastrofe ambientale, il senso di accelerazione tecnologica parallelo alla mancanza di vero progresso, tutti questi aspetti sono sostanza viva ed emozionante nelle pagine della vicenda. Azzeccata anche la scelta di separare l'infodump relativo alla trama (ovvero tutti i retroscena riguardanti ricerca & sviluppo della psicografia) da quella che è invece la cronaca della dissoluzione del tessuto urbano, fisico e sociale della nostra realtà. Questo artificio narrativo rende decisamente più reale e credibile lo sfondo, focalizza l'attenzione del lettore e in qualche modo determina quali sono le cose davvero importanti che l'autore tiene a raccontare.

L'ultima cosa che mi piace far notare è come Giovanni sia riuscito a piegare la scrittura tipica della fantascienza anglosassone a un contesto che più italiano di così non si può. Sezione π² è indubbiamente un romanzo enormemente debitore all'immaginario fantascientifico anglosassone, ma allo stesso tempo Sezione π² è un romanzo assolutamente italiano. Alla faccia di chi ritiene che un certo modo di fare fantascienza (la speculazione scientifica/tecnologica, l'attenzione allo sfondo, il sense of wonder che avvince il lettore) non sia immaginabile e/o credibile in versione nostrana.

Quindi date una possibilità a Sezione π², sono certo vi sorprenderà.

15 novembre 2007

Best Off


Picture by Iguana Jo.
Best Off 2006. Letteratura e industria culturale è il volume di minimum fax che raccoglie nelle intenzioni del curatore Giulio Mozzi il meglio di quanto uscito sulle riviste letterarie italiane durante l'anno precedente.

Il volume si può dividere grosso modo in quattro sezioni: la più corposa si occupa del dibattito sullo stato dell'editoria italiana, dei meccanismi e delle dinamiche dell'industria culturale, degli intrecci tra promozione, critica, scrittura.
(Quasi) tutti gli interventi al proposito risultano interessanti, le opinioni espresse condivisibili, i pezzi stessi sono davvero una piacevole e partecipata lettura, la passione di chi scrive è evidente.
Detto questo ci sono però alcune cose che faccio davvero fatica a capire.
Da più parti si denuncia la cattiveria degli editori, rei di gestire i libri come se fossero una merce qualunque a prescindere dai contenuti e dalla valenza culturale che essi posseggono. Strade aperte quindi a distribuzione e promozione e vendite sicure (affermazione un pochino avventata!) per i romanzi commerciali, impossibilità di raggiungere le librerie per i libri "importanti". Queste sono a grandi linee le posizioni della stragrande maggioranza degli interventi.

Io però continuo a non capire. Negli stessi pezzi si afferma che mai come in questi ultimi anni si sono pubblicati autori esordienti e come nello stesso periodo il numero di novità pubblicate sia cresciuto a dismisura. Non essendo cresciute di pari passo le vendite, mi pare ci sia una certa frattura se non una bella contraddizione con quanto affermato più sopra.
Tra l'altro una cosa che risulta evidente è che tutti gli autori che protestano per lo stato di cose hanno avuto comunque i loro bei romanzi pubblicati (nulla è dato sapere sui dati relativi alle vendite).

Ma la cosa che mi lascia davvero perplesso è che in nessuno degli interventi di critici e/o scrittori e/o intellettuali vengono fornite informazioni fattuali, dati, numeri. Nessuno si sogna di citare le fonti da cui si possa desumere la situazione che denunciano.
Non ho grandi dubbi nel condividere le loro parole, ciò non toglie che sono altrettanto convinto che non si possa presentare un'analisi senza fornire informazioni. Insomma, come si può proporre un dibattito sulla situazione dell'editoria in Italia senza integrarlo con uno straccio di cifra? Come si può pretendere di essere presi sul serio se ci si basa unicamente sul sentito dire, sulle sensazioni, se si prendono le mere opinioni come dati di fatto?
A tal proposito l'unico articolo davvero illuminante, per quanto freddo e poco comunicativo nella sua scrittura, è quello di Gianni Crespi manager di svariate case editrici, che offre al lettore il polso della situazione editoriale italiana dal punto di vista economico/finanziario.

Infine c'è un'ultima cosa che non mi torna. Le proposte per cambiare lo stato delle cose dove sono?
Da più parti si chiede a chi gestisce le cose di mettersi una mano sul cuore, di impegnarsi, insomma di fare il possibile. Sembra uno scherzo, ma davvero di più non c'è.
E questi sarebbero gli intellettuali che producono cultura in Italia? Sono rimasto davvero basito.



Ma passiamo oltre.
La seconda sezione del volume è dedicata alla poesia. Non ho molto da dire. Non sono un consumatore di poesie, e mi sono anzi meravigliato nello scoprire che esistono collane dedicate alla produzione poetica nostrana.
Certo che se poi leggo gli strepiti di Andrea Raos di fronte alla scandalosa possibilità di efettuare una ricerca di mercato per verificare la possibilità di pubblicare e vendere poesia, beh… mi cadono francamente le braccia.
Insomma, se lo scopo è scrivere poesia e farla leggere allora ok, gli studi di mercato sono inutili. Il poeta può benissimo autoprodurre i suoi volumi, distribuirli in rete, spedirli ad amici e conoscenti, farne insomma ciò che più lo aggrada.
Ma se voglio vendere libri di poesia cosa c'è di male a voler verificare la possibilità che qualcuno li compri? O i poeti credono che gli stampatori debbano lavorare gratis per i loro preziosi volumi?
E questo è quanto per i poeti. Ma non ho mica finito, eh!



Dopo una parentesi sul confronto recensorio tra due pesi massimi (ohibò!) della scena letteraria italiana si arriva ad un nuovo cambio di argomento con la sezione di Best off 2006 che ha come protagonista il fantastico.
Approffittando dell'uscita dell'ultima fatica di Gianni Celati, Enrico De Vivo prima, l'autore stesso poi, propongono qualche riflessione sulla letteratura fantastica.
In questo caso le cose che vengono dette sono piacevoli e intriganti, offrendo più di qualche spunto di riflessione sulla materia, sul ruolo della fantasia, sull'importanza dell'immaginazione, etc etc.
Sarebbe stato tutto ancora più condivisibile se non per la fastidiosa presenza di un paio di particolari fuori luogo.
Per introdurre il discorso sul fantastico di Celati Enrico De Vivo prende come pietra di paragone per il suo libro di fanta-antropologia Fata Morgana, nientedimeno che Il signore degli Anelli, ma attenzione! non il romanzo di Tolkien, quanto piuttosto il film di Peter Jackson, che viene tacciato di escapismo e spettacolarismo senza contenuti. Da qui a generalizzare poi tale acuta analisi a tutta la produzione odierna il passo è breve ed ecco quindi il De Vivo sistemare in cinque righe tutta la letteratura fantastica degli ultimi tempi.
Insomma, come intro per un articolo serio sulla letteratura fantastica siamo già partiti col piede sbagliato.

L'altro dettaglio che mi ha lasciato quanto meno perplesso riguardo ai discorsi su fantastico, antropologia e letteratura dell'intervento di De Vivo (ma anche in quelli successivi) è l'assenza di qualsiasi riferimento a qualcosa di più recente di tre secoli fa (Calvino escluso, ci mancherebbe!). E dire che di materiale prodotto nel XX secolo non ne manca certo. Senza nemmeno tirare in ballo la fantascienza, che altrimenti precipitiamo in vortice senza fine.



Le cose migliori questo Best off 2006 le tiene comunque per il finale. I tre contributi che chiudono il volume sono forse i più interessanti dell'intero progetto.

Il primo, di Gregorio Vasta, ci offre una panoramica della situazione urbanistica delle nostre città vista attraverso i meccanismi burocratici che ne regolano lo sviluppo. La situazione che i dispiega pagina dopo pagina è allucinante, perversa, agghiacciante. Un ulteriore esempio dello sfacelo che governa la nostra vita pubblica.

Di tutt'altro tenore l'intervento di Angela Barlotti dal mondo delle carceri, un accorata e complessa riflessione, per quanto frammentaria, sulle virtù del viaggio, inteso come occasione di liberazione, crescita e conoscenza.

E per finire una meravigliosa e inquietante full immersion nelle palestre della penisola in compagnia di Giorgio Vasta. Un ritratto originale e sudato di ciò che rende questo paese e questo tempo unico e irripetibile (speriamo!).



Ma com'è alla fine questo Best off 2006? Se da un lato il lavoro di Giulio Mozzi è esemplare per obiettività e ampiezza della proposta, dall'altro il panorama della scena letteraria italiana che emerge non è certo dei più rosei. Inoltre, dal mio punto di vista di semplice lettore, dispiace notare come tra tutte le figure che si muovono intorno all'editoria in genere, e alla letteratura in particolare, quella del lettore sia forse la meno citata in tutto il volume.
In ogni caso la lettura di Best off 2006 si è rivelata decisamente istruttiva, spero quindi che minimum fax prosegua con la buona abitudine e ci proponga un'antologia simile anche quest'anno.

10 novembre 2007

Sezione π²


Picture by Iguana Jo.
Questa non è una recensione, per quello c'è tempo. Questo è solo un consiglio.
Ieri sono finalmente riuscito a trovare in edicola Sezione π², il romanzo di Giovanni De Matteo fresco vincitore del Premio Urania.
Io non sono mai stato un grande amante della fantascienza italiana, in generale l'ho sempre trovata troppo grigia e introversa, troppo poco immaginifica per i miei gusti. Ma ho letto i racconti di Giovanni e mi sono sembrati qualcosa di profondamente nuovo nel panorama nazionale. La speculazione scientifica osa spingersi dove nessun autore italiano era mai giunto prima, le sue ambientazioni sono profondamente realistiche e la partecipazione emotiva non manca mai.
Insomma, ci sono tutte le premesse perché il suo Sezione π² si riveli un grande romanzo. E dato che il tempo stringe, e mancano solo poche settimane alla sua scomparsa dai normali canali distributivi vi esorto a precipitarvi in edicola, che è l'unico posto dove è possibile trovarlo.
Ne riparliamo presto, a fine lettura.


08 novembre 2007

25 anni di fantascienza al cinema

9/11/2007 aggiornamento: Gli amici della lista di fantascienza m'hanno fatto notare come nella mia top ten abbia colpevolmente dimenticato almeno un film. Dovendo scegliere cosa eliminare per fare spazio a Fino alla fine del mondo la scelta è caduta su Highlander, film certo degno di essere ricordato ma forse il meno fantascientifico tra quelli elencati.
Oltre a questa modifica sostanziale ho corretto un paio di frasi che suonavano male e ho inserito tra le pellicole degne di menzione Essere John Malcovich.



Picture by Iguana Jo.
Chiacchierando di cinema fantascientifico con un amico ci si chiedeva quali fossero i film davvero imperdibili usciti negli ultimi anni.
Il limite temporale al nostro discorso era dato da Blade Runner, sembrava infatti che nessuna pellicola uscita successivamente fosse più riuscita a scuotere il nostro immaginario con la stessa forza.
Beh… non so se i film che seguono hanno rappresentato per gli ultimi decenni quello che la pellicola di Ridley Scott ha significato per noi nati negli anni sessanta. A me però pare che non siano proprio da buttar via.

(Prima di partire con l'elenco un paio di premesse. Non ho considerato i film relativi a supereroi e affini (per cui niente Spiderman, niente Unbreakable, niente gli Incredibili, sebbene la qualità di questi film sia per me fuori discussione), non ho considerato neppure i film d'animazione (tipo Il gigante di ferro o Akira che pure rappresentano ottimi esempi di sf). Rispetto alla data di uscita di Blade Runner (1982) ho considerato due periodi di una dozzina d'anni ciascuno. La divisione è del tutto arbitraria, il suo unico scopo è permettermi di inserire il doppio dei film che un'unica top-ten avrebbe consentito di inserire.)

1982-1994

- Aliens - Scontro finale (1986)
Basterebbe un personaggio come Ripley o una battuta come "Escono dalle fottute pareti!" per fare entrare questo film nella storia del cinema. Probabilmente il miglior film di fantascienza d'azione mi sia mai capitato di vedere.

- Brazil (1985)
Il 1984 di Orwell in salsa Monty Pithon splendido, esilarante e terribile.

- Terminator 2 - Il giorno del giudizio (1991)
Un altro film con personaggi in grado di sfondare lo schermo. In questo caso Sarah Connor ancor più del buon vecchio Schwarzy. Ottima storia con livelli di profondità inusuali per il genere.

- Ritorno al futuro (1985)
Probabilmente il miglior film sul viaggio nel tempo mai girato.
Quando Zemeckis e Spielberg mettevano il loro genio e la loro tecnica al servizio dell'intrattenimento e del sense of wonder invece di sforzarsi a voler spiegare al volgo il senso delle loro creazioni.

- Fino alla fine del mondo (1991)
Strano ibrido tra colossal e film d'autore, il fascino del film va ben oltre le categorie in cui viene incasellato. Una scorribanda attraverso 4 continenti alla ricerca del sogno perduto, incappando nella fine del mondo, cercando di dare un ultimo sguardo al pianeta. Da vedere con partecipazione.

- Tetsuo (1989)
La quintessenza del cyberpunk in un film. Carne e metallo e violenza nella purezza di un bianco e nero essenziale. Dal Giappone con furore.

- Il mio nemico (1985)
Un film dalla forte componente morale non affossato dal messaggio ed esaltato dall'interpretazione dei due protagonisti.

- La Cosa (1982)
John Carpenter ha lasciato il suo personalissimo segno per tutto il decennio degli anni '80, e visto che non è possibile inserire Fuga da New York in questa top-ten accontentiamoci de La Cosa, l'horror fantascientifico più implacabile del decennio.

- Predator (1987)
L'esordio dell'alieno più macho del cinema in uno dei primi film di guerra in cui la giungla non fa da sfondo al conflitto vietnamita.

- Hardware (1990)
Per chiudere questa top-ten un piccolo film che m'è rimasto impresso dalla prima volta che lo vidi. Non so se rivisto ora si salverebbe, di certo il ricordo che m'ha lasciato merita la citazione in classifica.

1995-2007

- Fight Club (1999)
"We are the all-singing, all-dancing crap of the world". Serve aggiungere altro?

- Eternal Sunshine of the Spotless Mind (AKA Se mi lasci ti cancello) (2004)
Il cinema delle meraviglie, tante sono le suggestioni di questa pellicola che non si finisce mai di stupirsi. Stupefacente, emozionante, sorridente.

- Dark City (1998)
Atmosfera noir e alienazione per un film che non rinuncia all'intrattenimento e alla suspense. Con più di qualche sorpresa.

- Gattaca (1997)
Una splendida opportunità in forma di thriller per riflettere sul nostro futuro geneticamente modificato. Patinato, ma per una buona causa.

- La Cité des enfants perdus (AKA LA città perduta)(1995)
Tenebroso come una vecchia fiaba, colorato come un ricordo, fantascientifico come un'(anti)utopia. Memorabile.

- The Truman show (1998)
Più dickiano di Dick, questo splendido film fa di tutto per non essere considerato di fantascienza. Ma fallisce miseramente. Per fortuna.

- Galaxy Quest (1999)
Più che un film di fantascienza, un film sulla fantascienza. Divertente come solo uno scherzo ben riuscito sa essere.

- Matrix (1999)
L'unico film degli ultimi vent'anni in grado di immettersi direttamente nell'immaginario comune. Comunque la si pensi non può mancare in questa classifica.

- Nirvana (1997)
La fantascienza in italia. Salvatores ci ha provato, forse non è servito a molto, ma almeno il suo film è all'altezza delle aspettative. Questo è uno dei pochi esempi validi di cinema cyberpunk. (gli altri li avete visti più sopra che altro di degno non c'è…).

- Solaris (2002)
L'ho apprezzato ancor di più dopo aver letto il romanzo. Uno splendido esempio di fantascienza insieme spaziale e metafisica, degno successore dell'inarrivabile 2001. Non è perfetto, ma del resto quale film riesce davvero ad esserlo?


In queste personalissime top ten non sono riusciti a entrare una mezza dozzina di film che però varrebbe la pena di recuperare. Non sono in lista a causa del troppo tempo passato dall'ultima visione - alcuni li ho visti un'unica volta un sacco di tempo fa - altri perché il loro impatto sul grande pubblico è stato praticamente nullo, magari anche a causa della distribuzione infame che hanno avuto, o forse perché in definitiva son piaciuti solo a me e pochi altri. Qualunque sia la ragione io 'sti film ve li consiglio comunque:
Moebius (1996), Pi Greco - Il teorema del delirio (1998), Lola corre (1998), Essere John Malcovich (1999), Pitch Black (2000), Fantasmi da Marte (2001), Serenity (2005), I figli degli uomini (2006)

Il dubbio di aver dimenticato qualcosa è forte, così come la sensazione che questa classifica sia molto soggettiva. Voi che dite, avete altri imperdibili film da segnalare?

06 novembre 2007

Vibrazioni diverse


Picture by Iguana Jo.
Un mese fa ero in una villa abbandonata, un vecchio palazzo di Carpi lasciato a se stesso. Eravamo in cinque con le nostre macchine fotografiche a documentare lo stato dell'edificio e a lasciarci suggestionare dall'atmosfera particolare tipica di questi luoghi desolati.
In un mese si ha tutto il tempo per riflettere e riconsiderare, per capire quali sono le sensazioni che rimangono dopo un'esperienza simile. Queste sono alcune note, utili forse per aiutarmi a tracciare una mappa tra ricordi e suggestioni.

Subito la differenza, il difetto: una villa abbandonata non offre le stesse sensazioni di una fabbrica, di una colonia, o di un ospedale. Le emozioni non mancano, ma non sono paragonabili a quelle avvertite durante l'esplorazione dei luoghi nati per essere pubblici.
Ci sono differenze sostanziali nel vagabondare tra stanzoni vuoti e mura scrostate di ambienti così diversi, pure se arrivati ormai allo stesso grado di degrado e desolazione. Questi diversi sapori, non saprei come altro definirli, non ti colpiscono immediatamente, ma solleticano la tua coscienza un passo alla volta. Nei primi momenti passano quasi inosservati, impegnato come sei a curiosare, esplorare, ad immergerti in questo nuovo ambiente. Solo proseguendo la visita, quando alla novità del luogo subentra la consapevolezza della sua diversità, della sua unicità, che si verifica quasi inconsapevolmente uno scarto tra quello che racconta un edificio come questo rispetto agli altri luoghi che ti è capitato di visitare.
Negli spazi con un passato pubblico si avvertono vibrazioni e memorie, la storia di tensioni e passaggi che invece rimangono più sopite e tranquille all'interno di un palazzo destinato ad abitazione. Queste vibrazioni sono probabilmente distinte per ogni visitatore: alcuni luoghi entrano in risonanza con gli echi di storie e memorie già introiettate e digerite dalla nostra immaginazione, altri non riescono ad evocare gli stessi fantasmi, rimangono semplice spazi da frequentare, ambienti da scoprire, stanze in cui praticare il gioco dello stalker. Evidentemente nel mio immaginario non ho molto spazio per antiche dimore abbandonate o vecchi palazzi in sfacelo, trovo molto più ricche di suggestione ed esperienza le zone di passaggio, i luoghi di transito, quegli spazi che hanno visto il raduno di persone e storie, lo scatenarsi di tensioni, la nascita di idee o il confronto con la Storia. Non che queste cose non succedano (non siano successe) nelle case in cui abitiamo, ma solitamente la vita domestica è gravida di avvenimenti, tensioni e idee soprattutto nella testa di chi vi risiede e i luoghi non sempre ne portano le tracce. Anche in questo fabbriche e ospedali differiscono profondamente da ville o palazzi, nei primi le poche tracce private che vi si scorgono (che siano vecchi abiti, cartelle cliniche, strumenti di lavoro o cura) evocano storie di persone e comunità nel contesto sociale e geografico che le hanno viste passare, nei secondi le cose che restano rimandano solo a se stesse, all'ambito privato in cui è normale siano collocate.

Ma non di sole vibrazioni metastoriche vive l'uomo, che qualunque siano le sensazioni evocate ogni luogo abbandonato ha comunque il suo fascino. Sarà lo spirito del tempo trascorso o il buon vecchio fanciullesco richiamo dell'avventura, ma vagabondare tra le stanze di una vecchio casermone disabitato qualche spunto interessante lo offre sempre. C'è il piacere puramente estetico, la possibilità di scoprire bellezza nei posti più impensati: la vegetazione che penetra da tutte le finestre del primo piano, gli affreschi e i decori che arricchiscono pareti e soffitti in alcuni ambienti (belli? mica tanto, però suggestivi, colorati e fuori luogo nel contesto di desolazione che li circonda), gli scaloni esagerati e i giochi luminosi del sole che si fa spazio tra i listelli di un'imposta dissestata… tutto sembra studiato apposta per l'occhio del fotografo. Vagabondando e curiosando tra i vari piani del palazzo sorgono poi anche altri pensieri.
Per esempio: com'è che esclusi bagni e cucine non c'è stanza che non abbia almeno due uscite? com'è che spesso le stanze non danno su alcun corridoio e non ci sono separazioni nette tra i vari ambienti della casa? come viveva (e in quanti?) chi abitava in questo palazzo? Quali erano le stanze comuni e quelle private? Non ho abbastanza esperienza per generalizzare questi dubbi, ma avendo visitato altri palazzi simili direi che questa situazione è comune, anche se non riesco a darmi una spiegazione esaustiva dei motivi che hanno portato nel tempo da stanze così mescolate e aperte alle stanze chiuse delle nostre abitazioni odierne.
Ho provato a cercare in rete qualche informazione al riguardo, nulla… Forse qualche architetto con la passione per la storia potrebbe darmi qualche risposta (o qualche storico specializzato in vita domestica, perché no). O forse basterebbe chiedere a qualche anziano con frequentazioni abitative simili.
Voi avete qualche risposta?

04 novembre 2007

Rapporto letture - Settembre/Ottobre 2007 - Seconda parte


Originally uploaded by marta6669.
Seconda parte dell'elenco delle letture degli ultimi mesi. Ogni nota, commento, dubbio o segnalazione è come sempre benvenuta.

Roberto Saviano - Gomorra
Non sono in grado di parlare razionalmente di questo libro. L'unica cosa che posso dire è leggetelo, leggetelo, leggetelo. Gomorra è un libro lucido e terrificante, documentato ed emozionante. Alla fine non vedrete più il nostro paese con gli stessi occhi.
Onore a Saviano, è grazie a persone come lui che forse non tutto è ancora perduto.

Fred Vargas - Chi è morto alzi la mano
Scoperta grazie alle recensioni di Ubimario, non posso che confermare quanto scritto nel suo blog. Scrittura brillante, personaggi intriganti, paesaggi quotidiani: tutto quel che serve per trascorrere qualche ora in buona compagnia. Immagino diventerò un affezionato lettore dell'autrice francese.

Vernor Vinge - Tutti i racconti - Volume II
L'editrice Nord ha recentemente pubblicato due volumi che raccolgono in ordine cronologico tutta la produzione breve di Vernor Vinge. Ho iniziato la lettura dal secondo pensando che probabilmente i racconti presentati sarebbero stati più maturi, interessanti, con tematiche aggiornate ai tempi.
Magari è anche vero (non ho poi letto il primo volume), i racconti sono effettivamente piacevoli, ma in generale mi hanno lasciato piuttosto freddo e distante. Non so se a causa della scrittura troppo seria o per la mancanza di vivacità nell'approccio hard alla speculazione fantascientifica o ancora per la rinuncia in partenza a qualsiasi posizione problematica dal punto di vista sociale o politico, quale che sia il motivo non ho trovato in Vinge né la leggerezza disincantata di uno Stross né la profondità etica o l'inventiva di un Egan, autori che si muovono per certi versi nello stesso ambito dell'autore americano.
Di Vernor Vinge ho in coda di lettura Universo Incostante, che pare sia il suo romanzo più significativo. Al momento sono incerto sul se o quando leggerlo: se da un lato non ho trovato la scrittura di Vinge particolarmente coinvolgente è anche vero che La Ciarlona, vicenda ambientata nello stesso continuum, è il racconto dell'antologia che m'è piaciuto di più. Vedremo…

Philip Reeve - Macchine Mortali
Recuperato grazie alla segnalazione di Dario Tonani, questo Macchine Mortali è stato una bella scoperta. Un romanzo steampunk per ragazzi apprezzabile anche dai genitori. L'atmosfera opprimente della società londinese (a quanto pare uno standard per questo genere di romanzi, vedi p. es. la trilogia di Bartimeus), le incredibili città mobili, le macchine volanti, la tecnologia prettamente meccanica sono un ottimo scenario per le vicende dei protagonisti. Tra viaggi e incontri sorprendenti la vicenda scorre avvincente verso un esito molto più adulto di quanto ci si potrebbe immaginare visto il contesto. Al romanzo sono seguiti altri tre volumi, uno solo dei quali tradotto in italiano. Si vede che la fantascienza non paga nemmeno nella letteratura per ragazzi…

Mordecai Roshwald - Livello 7
Altro recupero sorprendente effettuato da Urania Collezione: un romanzo sulla minaccia atomica direttamente dai ruggenti anni '50. Nonostante l'intento programmaticamente pedagogico il romanzo non è niente male. La descrizione degli stati d'animo del protagonista (la vicenda è narrata in forma di diario), le relazioni con i suoi commilitoni, l'atmosfera alienata e alienante del Livello 7 sono resi ottimamente. L'apocalisse nucleare descritta da Roshwald è ancora più agghiacciante proprio per la fredda meccanicità del suo sviluppo. Una testimonianza dal nostro passato recente che nonostante le apparenze è molto più vicino di quanto ci si aspetti.

Prossimamente un'antologia difficile, ancora fantascienza e qualche traccia di letteratura italiana…

Di seguito i link alle letture dei mesi precedenti:
Gennaio, Febbraio, Marzo, Aprile, Maggio, Giugno, Luglio e Agosto.

02 novembre 2007

Rapporto letture - Settembre/Ottobre 2007 - Prima parte


Picture by Iguana Jo.
Finalmente si riparla di libri…
Settembre e ottobre sono stati mesi piuttosto impegnativi sul fronte lavorativo, tanto pieni che e a rivedere oggi quanti libri sono riuscito comunque a leggere ha quasi dell'incredibile. (certo non poterne più del computer fa si che il tempo dedicatogli vada sfruttato altrimenti, ma anche così…). In realtà i libri che seguono non spiccano certo per dimensioni e/o particolare difficoltà di lettura, a parte forse The Algebraist che però ho iniziato a leggere già in agosto. Ma bando alle ciance, ecco l'elenco, diviso in due per comodità.

Iain M. Banks - The Algebraist
Del romanzo ho già parlato in questo post, qui non mi resta che ribadire che The Algebraist sta insieme ad Accelerando una spanna sopra a tutto il resto della produzione fantascientifica che mi sia capitata per le mani quest'anno. Nell'attesa di leggere l'ultimo romanzo di Ian McDonald

Luciana Littizzetto - Col cavolo
Solitamente non mi capita di leggere questo genere di libri, ma il volume della Littizzetto m'è capitato in casa e, dato che lei è uno dei pochissimi personaggi televisivi che conosco e apprezzo, ho provato a leggerlo.
Beh… la quotidianità rappresentata negli episodi di cui è composto il volume appare di una tristezza sconfortante, tra i continui rimandi alla realtà della tv e quelli che appaiono essere i problemi esistenziali dell'italiano medio. Tutto in forma ironico brillante, non c'è dubbio. Ma dopo un po' non se ne può davvero più…
Non so quanto la Littizzetto sia consapevole del ritratto che offre della vita, dell'universo e di tutto quanto ruoti intorno al telespettatore medio, in ogni caso vista in tv la sua comicità è molto più divertente.

Manuel Vázquez Montalban - Assassinio al Comitato Centrale
Leggendo Assassinio al Comitato Centrale mi sono chiesto più volte quali saranno mai i pregi di 'sto libro, da più parti esaltato come il romanzo migliore dell'autore spagnolo e portato ad esempio di ottima composizione di genere.
Probabilmente non sono riuscito ad entrare in sintonia con Carvalho, ma questo mix tra politica e gastronomia spagnola conditi dall'esile trama gialla m'ha lasciato piuttosto indifferente.

James Edwin Gunn & Jack Williamson - Un ponte tra le stelle
Classico esempio dei rischi che si corrono a seguire tutte le uscite di una collana dedita al recupero del passato qual è Urania Collezione. La space opera del duo americano appare irrimediabilmente datata e inaffrontabile sin dalle prime pagine. Solo per nostalgici dei bei tempi andati.

AA. VV. - Omicidi americani
Il volume di minimum fax che raccoglie i premi Pulitzer assegnati ai migliori pezzi giornalistici dedicati alla cronaca nera americana è interessante soprattutto quando ripropone i vecchi articoli dei quotidiani d'epoca. Più si avvicina alla nostra contemporaneità meno interessanti sono gli articoli. Non so se questo significa qualcosa, ma tant'è.

Samuel R. Delany - Babel 17
C'è poco da fare, nonostante la mia ultima esperienza con l'autore americano non sia stata delle più felici (vedi qui), le poche volte che capita di ritrovare Delany in una nuova edizione non riesco a resistere.
Avevo già letto Babel 17 una decina di anni fa e ricordo che all'epoca rimasi francamente deluso da questo romanzo che mi veniva additato da più parti come opera fondamentale nella storia della fantascienza.
Non so cosa mi fosse sfuggito al momento della prima lettura, se nel frattempo mi sono rincoglionito e se invece gli anni in più hanno acuito la mia sensibilità. Comunque sia questa volta Babel 17 m'è piaciuto davvero parecchio. Le avventure di Rydra Wong sono un'ottima miscela di barocco delanyano (che in questo caso è del tutto funzionale alla vicenda), speculazione fantascientifica e riflessione umanistica. E se pure il grottesco fa capolino qui e là, arricchendo la scena di personaggi curiosi, Delany si risparmia le filippiche su arte ed emarginazione che appesantiscono altri episodi della sua carriera. Un gran bel romanzo insomma.


A breve la seconda parte.
Di seguito i link alle letture dei mesi precedenti:
Gennaio, Febbraio, Marzo, Aprile, Maggio, Giugno, Luglio e Agosto.