07 ottobre 2009

Letture settembre 2009


Picture by Iguana Jo.
Ken MacLeod - Engine City
Finalmente ci si diverte! Engine City è il romanzo conclusivo della trilogia degli Engines of Lights i cui precedenti capitoli (La fortezza dei cosmonauti e Luce nera) sono usciti sempre per Urania negli ultimi mesi.
Se nei precedenti romanzi la trama era viziata dall'eccessivo peso dato ai contenuti politici, che seppur interessanti sbilanciavano un po' troppo l'andamento della vicenda, in Engine City MacLeod prende quest'aspetto molto più alla leggera. L'autore sembra anzi prenderci gusto, allenta qualche freno ideologico e si lascia felicemente andare con un racconto decisamente più spigliato e pieno di azione, in cui la politica fa sì capolino, ma non pregiudica mai il godimento della lettura, aggiungendo semmai un ulteriore livello di complessità a una vicenda piena di sorprese. Tra i momenti da ricordare nel romanzo vanno citati almeno il tentativo di guerriglia ontologica messo in piedi da Matt Cairns e i divertiti - e divertenti - interventi alieni. Il finale m'è parso un po' tirato via, ma Ken MacLeodsi fa perdonare grazie al tono brillante di tutta la narrazione, davvero sorprendente, viste almeno le mie precedenti esperienze con i suoi romanzi.


Elmore Leonard - Killshot
Il primo Elmore Leonard non si scorda mai? mmm…
La prima parte di Killshot è effettivamente memorabile, con la presentazione dei due bizzarri criminali protagonisti del romanzo e le conseguenze del loro incontro sulla tranquilla vita dei coniugi Colson. I dialoghi sono perfetti, l'azione scandita col metronomo, l'ambiente reso in modo magistrale con due tocchi di colore.
Poi però la vicenda rischia di spegnersi, trasferendo la tensione della caccia criminale sul terreno dei rapporti familiari in crisi, perdendo per strada molto del bonus accumulato da Leonard nei primi capitoli. Sebbene l'autore si riprenda con un finale perfettamente dosato tra adrenalina, suspense ed emozione, questo non basta certo a risollevare da solo le sorti del volume.
In ogni caso Leonard mi pare degno della fama che lo circonda, e quindi prima o poi un'altra lettura se la merita.
(Consigli? io penso di provare i racconti western, ma se avete altri suggerimenti fatevi avanti!)


David G. Hartwell & Kathryn Cramer (a cura di) - L'altra faccia della realtà
Come ormai da consolidata tradizione il Millemondi estivo presenta l'antologia curata da David G. Hartwell & Kathryn Cramer che raccoglie il meglio della produzione fantascientifica breve pubblicata nel corso dell'anno. Il divario tra l'edizione originale e la sua riproposta in Italia è piuttosto ampio, prepariamoci quindi a un piccolo salto temporale, che i racconti presenti nel volume risalgono tutti al 2005.
L'altra faccia della realtà mi è sembrata decisamente superiore ai suoi omologhi degli ultimi anni. Non so se questo dipenda dall'aver incluso molti dei racconti pubblicati su Nature, che grazie alla loro brevità rendono molto più vario il panorama, o se il 2005 è stato un anno particolarmente fortunato, oppure se ero io stesso particolarmente ben disposto nei confronti del volume dato il livello di altre antologie lette ultimamente, in ogni caso la qualità della narrativa breve ospitata in queste pagine è davvero alta.
Tra i tanti ottimi racconti ne segnalo un paio che per motivi diversi mi hanno conquistato: Guadalupe e Hieronymus Bosch di Rudy Rucker, una demenziale corsa su è giù per lo spazio tempo in compagnia di una coppia di fantasmagorici personaggi e Oltre lo squarcio di aquila di Alistair Reynolds, un racconto disperatamente romantico in cui la realtà si ridisegna ad ogni pagina.
Non so se il Millemondi sia ancora disponibile in edicola, ma se lo trovate non fatevelo sfuggire.


Arthur C. Clarke - Spedizione di soccorso
Tra gli autori che hanno esordito negli anni '40 Arthur C. Clarke è uno di quelli i cui racconti sono invecchiati meglio. In questa raccolta ci sono (quasi) tutti i suoi migliori racconti più qualche episodio minore, che però non fa che confermare il suo personale approccio alla fantascienza. Un punto fermo della narrativa di Clarke è infatti la presenza costante di un profondo senso del meraviglioso che seppur strettamente legato a scienza e tecnologia, trascende il mero tecnicismo per approdare nei dintorni della mistica laica. Ecco quindi l'enormità del cosmo vista come occasione di liberazione piuttosto che come inquietante minaccia, la religione vissuta sempre come zavorra se non come ineluttabile condanna, l'umanità colta costantemente a un passo da un avvenire glorioso. Ma Clarke è anche (o soprattutto) uno scrittore inglese e a sottolinearne le origini non manca qua e là una spruzzata di sottile umorismo di stampo innegabilmente britannico.
Era da tempo che non rileggevo questi racconti, e beh… è stato come ritrovare dei vecchi amici.
Spedizione di soccorso è un'antologia di fantascienza vecchio stampo, un libro pieno di meraviglie, capace però di riservare ottimi spunti anche per il lettore del XXI secolo,.


01 ottobre 2009

L'espertitudine mi uccide.

"se [un libro] ti piace non smette di piacerti perché non piace ad Iguana."
Il senso della citazione qui sopra sarà anche ovvio ma credo che non faccia male ripeterlo. La frase arriva da un recente commento di DanielePase e dice in una riga molto di quello che cerco di spiegare di seguito.
In questo post voglio infatti provare a chiarirmi le idee sulla "critica letteraria" dal basso. Lo so. È un terreno minato. Di più: un terreno minato con un branco di cecchini appostati tutto intorno. Ma io ho la testa dura e sono notoriamente incosciente, per cui ecco qua un tentativo di riflessione senza rete su critica e letteratura, il tutto per il vostro sollazzo (e lo sviluppo intellettuale della nazione).


Originally uploaded by Iguana Jo.

Chi segue il mio blog sa già che le note ai libri che leggo non sono recensioni. Sono semplici appunti pubblici per tener conto e memoria delle mie letture. I miei post letterari non possono chiamarsi recensioni per un motivo che a me pare ovvio: una recensione deve avere una certa forma e una certa struttura. Una recensione non è la semplice espressione di un giudizio, ma deve contenere una valutazione dell'oggetto recensito utile a indirizzare la scelta dell'utente potenziale. Dovrà quindi contenere un accenno alla trama, un accostamento a opere simili, magari un generico riferimento ad altre opere dello stesso autore, una collocazione della stessa all'interno di un panorama più vasto (chessò, il fantasy hard boiled di matrice celtica o l'horror giapponese di ispirazione lovecraftiana), i motivi di originalità eventualmente presenti e, infine, un giudizio sulla qualità globale del testo da parte del recensore.
Nelle mie note non c'è quasi nulla di tutto questo, anche se è altrettanto vero che qui dentro non si lesinano i giudizi, positivi o negativi che siano, sui testi più diversi, a prescindere dalla personale dimestichezza con il singolo autore, la scena in cui si colloca, il genere a cui fa riferimento.

E fin qui direi che siamo tutti concordi.

Le opinioni divergono invece parecchio sul valore da assegnare a tali giudizi.
Nell'ultimo periodo un paio di voci molto autorevoli (almeno secondo il mio modesto parere) si sono lamentate pubblicamente nei rispettivi blog sulla scarsa qualità della scena critica italiana (si faceva riferimento alla letteratura di genere fantastico, in tutte le sue declinazioni), e sull'ingombrante presenza del pubblico dei lettori che senza titolo alcuno si erge a critico o esegeta del tal libro e di tal altro autore.
Come potete immaginare a me 'sta presa di posizione non è che faccia particolarmente piacere.
Io non sono un esperto di alcunché (oddio, qualcosa sulla stampa dovrei ormai averla imparata, ma in questo contesto non c'entra), eppure mi arrogo il diritto di sputar sentenze sui libri che leggo. Dove sbaglio?

Il punto è che esistono pochi settori in cui soggettività, parzialità e partigianeria entrano in gioco così prepotentemente come nell'ambito della cosiddetta "critica letteraria".
Per questo motivo sono convinto che tutti (tutti tutti!) siano legittimati a esprimere giudizi e critiche e suggerimenti e stroncature. Perché se è lapalissiano che chiunque può esprimere un giudizio, è altrettanto vero che di tutte queste osservazioni rimarranno negli occhi e nella memoria del lettore solo quelle in cui gli riuscirà di ritrovare specchiata un'opinione condivisibile. Senza tralasciare l'eventualità, quando va bene, che dalle parole del recensore di turno possa emergere la possibilità di scorgere nell'opera criticata nuovi aspetti trascurati o non immediatamente percepibili, spunti di riflessione che non appena evidenziati diventano trasparenti, informazioni supplementari che il lettore ignorava e che inquadrano meglio quanto letto.

Da questa semplice constatazione deriva l'ovvia conseguenza che il valore della critica sta tutto nella capacità di comunicare efficacemente con il lettore. Se il recensore saprà mettere al servizio del testo le sue competenze, se la sua lettura sarà coerente con l'opera di cui si occupa, se insomma si rivelerà esperto nel capire e rendere partecipe il lettore delle caratteristiche del lavoro che sta analizzando, allora le sue parole saranno certo più efficaci e renderanno al pubblico un servizio indubbiamente migliore.
Quello che voglio arrivare a dire è che non c'è titolo che tenga che possa a priori determinare l'espertitudine di un recensore, ma che solo l'autorevolezza e la reputazione di cui gode tra i propri lettori sono un metro di giudizio valido per valutare la qualità delle sue osservazioni sulla determinata opera.
Per questo motivo credo che irritarsi per la sovrabbondanza di opinioni men che autorevoli presenti in rete sia una totale perdita di tempo e che considerarle addirittura causa dello sfacelo in cui versano le patrie lettere un grosso errore di prospettiva. Le cosiddette recensioni presenti in rete (vedi per esempio Anobii, per un excursus rapido e si spera indolore tra i commenti della domenica che abbondano in quelle pagine) si qualificano per ciò che sono, e in tal modo danno la misura di quel che valgono come "critici" i rispettivi estensori.

Una considerazione per concludere: dopo più di dieci anni di rete sulle spalle dovremmo ormai aver capito che nel web il rumore di fondo è inevitabile - che si parli di libri come di qualsiasi altro argomento - ma anche che armandosi di pazienza e umiltà è sempre possibile intercettare in mezzo a tutto il rumore qualche nota felice. Spegnere il rumore eliminerebbe anche questa possibilità.