30 giugno 2010

Da dove vengo

Quello che segue è un vecchio progetto fotografico già pubblicato su flickr qualche anno fa.
Lo ripropongo qui e ora a causa di una serie di suggestioni sulla memoria, sulle differenze tra i bambini di oggi e quelli di ieri, sui luoghi dell'infanzia, nate dalla lettura di questo post. Il pezzo di Giovanni tocca questi argomenti solo parzialmente, però mi ha fatto ritornare in mente queste vecchie foto e i ricordi che evocano.


(1967-1985)

Casa mia, almeno per la maggior parte dei miei primi 19 anni di vita.

(1969-1972)

L'asilo. Sembra piuttosto tenebroso, ma l'aspetto inganna e nonostante fosse l'asilo delle suore ho degli ottimi ricordi di questo posto.

(1972-1977)

La scuola elementare. Tenuto conto che nel suo seminterrato c'era la biblioteca di quartiere ( quante ore ci ho passato? quante scoperte devo a questo posto?) era praticamente la mia seconda casa.

(1977-1980)

Le medie. Ai tempi era un prefabbricato con licenza di distruzione. Non è cambiato poi molto, anche se ora sembra un posto per bene.

(1973-1981)

Il vicolo. Quanti pomeriggi, quante estati cì abbiamo passato. Era il nostro parco giochi. La nostra palestra.

(1974-1979)

Hic sunt leones. Uno dei segni di confine che caratterizzava la mia infanzia. Oltre questa cappella iniziava il quartiere tedesco. Un altro mondo con tacito divieto d'accesso, sconosciuto e inesplorato (e lo sarebbe rimasto per parecchi anni ancora).

(1975-1986)

La parrocchia. In realtà nella foto c'è solo la scala che portava dal retro della parrocchia al campo di calcio e poi su, fino alla montagna.
Ho fatto qualche foto alla chiesa, ma nessuna mi piaceva quanto questa. Visto che in fondo in quegli anni la chiesa l'ho lasciata, preferisco lasciare la foto della scala. Dopotutto l'ho percorsa molte più volte di quanto abbia attraversato la navata della chiesa, e con molta più soddisfazione.

(1980-1986)

Il campetto della parrocchia. Dopo il vicolo, quel campo da calcio sterrato è stata la nostra naturale destinazione. Da allora questo campo è cambiato tanto da essere praticamente irriconoscibile: ha il fondo sintetico, le tribune, persino gli spogliatoi. Quando ci giocavamo (ore e ore i sabati pomeriggio, le serate d'estate, risultati incredibili: 38-27, 42-12, 35-35 e chi fa gol ha vinto) era sassi e polvere e il rubinetto per l'acqua.

(1981-1986)

La panchina. Per chiudere in bellezza ecco il posto dove cominciavano le nostre serate. Non è proprio la stessa panchina (nel frattempo hanno ristrutturato il parco, e quindi l'originale non c'è più), però è molto vicina a dov'era la nostra. Immagino che la vita di (quasi) tutti i ragazzi italiani sia passata per una panchina simile.


(Per chi volesse saperne di più: avevo già parlato di Bolzano e delle sue particolarità in questi vecchi post: piccola città, bastardo posto, Bolzano/Bozen: apartheid provinciale)

25 giugno 2010

Try rugby!

Lo so. Questo video risulterà facile e scontato. Per non dire vagamente sessista.
Però ho visto qualche partita di questo mondiale, e quando ci vuole ci vuole.

Enjoy!



22 giugno 2010

On-Off (Line)


Picture by Iguana Jo.
Nel caso foste preoccupati, non sono scomparso, non sono scappato, sto bene. Se sono meno on-line del solito è per una serie di fortunati eventi, che comprendono tra le altre cose un sacco di cene in compagnia (alcune da fotografo, altre per celebrare la fine stagione rugbystica, senza contare gli anniversari di matrimonio, i soliti amici, etc etc) e l'allestimento di un set fotografico in azienda, che mi ha costretto ad alzare il culo dalla scrivania e abbandonare quindi il mio fido Mac e ogni possibilità di connessione nelle ore di lavoro. Ah… ho pure ricominciato coi giochi di ruolo (gran bella cosa, btw)!

Le cose vanno splendidamente quindi, ma visto che il tempo libero a disposizione è sempre lo stesso, da qualche parte bisognava tagliare. Ma state tranquilli (o forse no), che prima o poi le cose torneranno normali.

Oggi però ho un po' di tempo e ne approfitto quindi per sistemare un paio di cose che ho lasciato in sospeso.

- Per prima cosa volevo segnalarvi questo post da qualcun altro che non sono io. Si parla di lettura in lingua originale e le considerazioni di Gianluca al riguardo sono totalmente condivisibili.
Sono pochi anni che leggo in inglese pur non avendo una gran padronanza della lingua parlata. All'inizio ero scettico riguarda la mia capacità di comprensione del testo, ma ora l'unico handicap che mi frena dall'affrontare un romanzo in lingua straniera è il tempo di lettura, che è quasi il doppio di quello necessario per leggere in italiano.


- Nello spazio commenti dell'ultimo post si discuteva di Vance, Hamilton e recensioni lette in giro per la rete. In particolare si tirava in ballo il commento di Giovanni Dell'Orto a Pianeta d'acqua.
Non condividendo l'approccio di Giovanni sono andato a pescarlo su Anobii dove ci siamo scambiati qualche mail nel tentativo di chiarire le rispettive opinione sulla fantascienza, la vita e tutto quanto.
Una cosa scritta da Giovanni mi ha colpito e un pochino turbato (per i controllori della netiquette: ho chiesto il permesso all'autore per pubblicare qui le sue parole):
"Se recensisco un libro di storia, teologia, filosofia, politica, teoria dell'informazione, ci tengo ad essere preso sul serio. […]
Ma se scrivo di fantascienza (o di fumetti, o di musica rock, o di romanzi porno, o...), non stiamo parlando delle stesse cose.
Se parlo di politica parlo di cose reali ed importanti. Se parlo di marzianini verdi che comunicano telepaticamente, parlo di cose non esistenti, quindi di uno svago intellettuale.""Se recensisco un libro di storia, teologia, filosofia, politica, teoria dell'informazione, ci tengo ad essere preso sul serio. […]
Ma se scrivo di fantascienza (o di fumetti, o di musica rock, o di romanzi porno, o...), non stiamo parlando delle stesse cose.
Se parlo di politica parlo di cose reali ed importanti. Se parlo di marzianini verdi che comunicano telepaticamente, parlo di cose non esistenti, quindi di uno svago intellettuale."


Al che io replicavo che per me la letteratura ha la stessa importanza della storia o della filosofia, molto più della teologia e forse un po' meno della politica, e quindi faccio fatica a condividere una linea di pensiero come questa. Oltretutto pensando alla fantascienza non sono certo i marzianini verdi la prima cosa che mi viene in mente. Per me la fantascienza è legata a filo doppio col reale, più di qualsiasi altro genere letterario (potenzialmente molto di più).

Voi che dite? Forse sarebbe davvero il caso di considerare fantascienza e simili come letteratura d'evasione e stop? O non ci priveremmo in questo modo di un'opportunità unica di riflettere sul reale, magari in maniera obliqua o laterale, ma divertendoci comunque un sacco lungo la strada?
O magari dovremmo iniziare a prendere meno sul serio politica e filosofia, che è un'altra di quelle cose che pare tabù anche solo a pensarle…

(NB non ho intenzione di polemizzare con Giovanni Dell'Orto: riguardo a quanto scrive ci siamo già abbondantemente chiariti. Usavo le sue parole come spunto per riflettere sulla percezione che si ha della fantascienza al di fuori dei confini del piccolo quartiere in cui prosperiamo (si fa per dire). Questa cosa della percezione di un ambito particolare (può essere la fantascienza, ma anche l'universo gay, o la vita quotidiana in Ucraina) da parte di chi quel determinato mondo conosce solo di sfuggita è davvero affascinante e porta a riflessioni interessanti sul nostro concetto di realtà.)


- In questi giorni sto leggendo molta fantascienza (sai che novità!).
Sono quasi alla fine del Millemondi Hamiltoniano: per quanto Il sogno del vuoto sia divertente mi son piaciuti molto molto di più i volumazzi dell'Alba della notte. Se Hamilton m'è parso in calo, Ian MacDonald si conferma invece ai massimi livelli anche con i racconti di Cyberabad Days, uno di quei casi in cui la fantascienza non si limita a dar forma e colore a un intero mondo, ma ne rende l'invenzione indistinguibile da una potenziale realtà appena dietro l'angolo.
Ma di entrambi i volumi ne riparliamo tra qualche giorno.
Vi volevo chiedere piuttosto se avete notizie fresche sul destino di Epix. Ve lo chiedo molto egoisticamente perché a Luglio era prevista (finalmente!) la pubblicazione di Cuore d'Acciaio di Michael Swanwick, che per me è uno di quei romanzo capaci da soli di dar senso a un'intera collana. Visto il preoccupante silenzio sui blog mondadori, non so se iniziare a preoccuparmi.


- Volevo segnalarvi anche il blog di una vecchia conoscenza internettara. Erano anni che non ci si sentiva (sapete come vanno le cose in rete, in questo caso poi la distanza fisica non aiuta di certo), e mi fa molto piacere vederlo ancora vivo e vegeto e pensante.


Bene, per ora è tutto. Vado a rispondere a un paio di commenti. Voi fate a modo, che il tempo per leggervi lo trovo sempre. È scrivere, che siano riposte - si spera sensate - o nuovi post, che mi costa tempo e fatica. A presto!

09 giugno 2010

Letture aprile-maggio 2010 - terza parte


Picture by Iguana Jo.
AA.VV. - Robot 55
Sono rimasto un po' indietro con la lettura di Robot. Il numero 55 risale ormai a un paio d'anni fa (nel frattempo siamo arrivati al 59, se non sbaglio) ma pian pianino conto di rimettermi in pari (datemi delle giornate di 36 ore, per favore!).
La gemma di questo numero è (ovviamente!) il racconto di Ted Chiang: Il mercante e il portale dell’alchimista è un brillante esempio di come i più classici temi della fantascienza possono ancora offrire ottime opportunità per storie straordinarie. In questo caso si parla di viaggi nel tempo all'epoca dell'Arabia affascinante delle Mille e un notte, per un racconto che si distingue per la meravigliosa cura dei dettagli e un meccanismo narrativo a orologeria.
Dopo un simile esempio è difficile proporre altra fantascienza allo stesso livello. In effetti nessuno degli altri racconti che arricchiscono questo Robot è all'altezza di quello di Chiang. Tra quelli da ricordare vanno citati almeno L'ospite di Giampietro Stocco, che nonostante qualche furbizia di troppo è un pregevole racconto ambientato in una Terra futura in bilico tra tribalismi e post-umanesimo, e Chi ha paura di Wolf 359? di Ken MacLeod, che si muove agile e veloce sui terreni classici dell'avventura spaziale, tra colonie perdute e minacce cosmiche.


Jostein Gaarder - C'è nessuno?
C'è nessuno? è una piccola storia per fanciulli che ho letto dietro richiesta di mio figlio. Nonostante il sapore fantascientifico - c'è un bimbo alieno che piomba inaspettato sulla Terra - questa storia vira troppo sul pedagogico andante per essere davvero divertente. Certo, si pone l'attenzione sulla curiosità e sulla capacità di porre le giuste domande, ma con un sapore da predicozzo che non mi è mica piaciuto tanto. Jacopo comunque lo ha apprezzato, anche se non ha saputo spiegarmi bene perché.


Stephen King - La sfera del buio
Quarto capitolo della storia di Roland e compagni alla ricerca della Torre Nera. Senza dubbio la cosa migliore del romanzo è l'ambientazione western condita di soprannaturale, insieme alla consueta ottima gestione di personaggi e avvenimenti da parte di Stephen King. La fine dell'infanzia di Roland, la sua tormentata storia d'amore, il rapporto con gli amici e il peso della responsabilità sono resi ottimamente, e il romanzo si rivela appassionante fino alla sua conclusione.
L'unico aspetto che continua a non convincermi mano a mano che proseguo nella lettura della saga è l'inconsueta trasparenza dei meccanismi narrativi che fanno procedere la storia. Come se dietro le gesta dei protagonisti e la messe di avvenimenti che si susseguono ne La sfera del buio, come del resto nel precedente Terre desolate, si avvertissero la meccanicità di certe azioni/reazioni e lo schema e il progetto della saga. Tanto che, nonostante il tiro e le indubbie emozioni, mi è rimasta la fastidiosa sensazione che il laboratorio creativo dell'autore non fosse sufficientemente mimetizzato tra le pagine del romanzo.


Andrea Camilleri - Le ali della sfinge
Ah, Montalbano… Non l'ho mai letto con dedizione e costanza, tanto meno badando alla sequenza dei romanzi o ai cambiamenti delle vite dei vari personaggi. Però ogni volta che mi capita di leggere uno di questi romanzi di Camilleri è come ritrovare un vecchio amico e, soprattutto, la stessa Sicilia che ricordo da un paio di viaggi da quelle parti (quanto tempo è passato…).
Sulla storia c'è poco da dire, la trama gialla m'è parsa più forte e vera dell'ultima che ho letto, ma altrettanto spalmata su un romanzo che vorrebbe dire altro e di più di quello che appare a prima vista. La Sicilia appunto, e la durezza e la meraviglia del vivere da quelle parti.


Primo Levi - Il sistema periodico
"… "Il sistema periodico" vuole essere in primo luogo polemico verso una cultura accademica e umanistica che esclude la possibilità di interpretare la scienza, la materia, l'esperienza concreta in termini poetici." (Primo Levi, estratto da un 'intervista su Rosalucsemblog)
Mi ero ripromesso già da tempo di leggere di racconti di Primo Levi. Me ne avevano parlato bene in tanti, ma per un motivo o per l'altro continuavo a rimandare. Il problema probabilmente stava nell'identificare Primo Levi con l'esperienza del Lager, nel non riuscire a vederlo come persona piena, completa, con una vita che andasse oltre quell'anno trascorso ad Auschwitz. In breve, nel non voler trasformare il simbolo in persona, il testimone in semplice scrittore.
Ora che ho letto Il sistema periodico posso dire che Primo Levi era un ottimo autore, capace di coniugare mirabilmente l'esperienza con la scrittura, la biografia con l'invenzione, mantenendo ben salda la barra della concretezza, legandosi ben saldo alla terra (che vuol dire chimica e lavoro e chiarezza d'espressione e d'intenti) piuttosto che agli spazi eterei dell'arte e dello spirito tanto cari alla massa imbelle degli scrittori nostrani. Doveva essere una persona interessante Primo Levi, ed è una fortuna poterlo ri-conoscere attraverso i suoi libri.


01 giugno 2010

Nova Swing


Copertina dal blog di Urania.
Qualche giorno fa si discuteva della fantascienza di Michael John Harrison.
Ora che Nova Swing sta per arrivare in edicola non posso esimermi dal segnalarlo a tutti i lettori del blog.
Non so se la mia reazione a questo romanzo sarà migliore di quella, negativa, che è seguita alla lettura di Luce dell'universo. Di sicuro la fantascienza di Harrison è decisamente diversa da quella che i lettori di Urania sono abituati a leggere.
Voi dategli una possibilità, che poi magari se ne riparla.

Trattandosi di Urania un'avvertimento è obbligatorio: se volete leggere questo romanzo procuratevelo in fretta, che tra un mese sparisce.