13 settembre 2011

Massimo

Son giorni che sono sommerso di lavoro, che rimando e rimando sia le risposte ai commenti che gli aggiornamenti del blog, che non riesco nemmeno a fare due passi nel web per tirare un attimo il fiato e vedere cosa combinano gli amici.
E poi ti arrivano notizie che proprio non vorresti ricevere, che ti lasciano incredulo e svuotato, che ti segano le gambe e ti mozzano il respiro.

Massimo se n'è andato.
Qualche giorno prima del suo quarantesimo compleanno. Un arresto cardiaco, mi dicono.

Non so se è giusto parlarne pubblicamente, ma chi se ne frega. Ho conosciuto Massimo in rete, è qui che lo voglio ricordare.

Ci siamo incrociati ai bei tempi di flickr, quando eravamo giovani e ingenui (ehi, è successo solo una mezza dozzina d'anni fa. Sembra una vita…) e imparare qualcosa di nuovo sulla fotografia ai tempi del digitale era tra le cose più entusiasmanti stessero succedendo intorno a noi. Non era solo vedere la qualità delle nostre immagini crescere esponenzialmente, era l'entusiasmo che nasceva dal conoscere persone nuove, persone interessanti, persone capaci di arricchire la tua vita anche solo con la loro presenza dall'altra parte del monitor.

M.10 era il nostro amico ufo. Un siculo trapiantato a Copenhagen, un uomo di teatro, un vagabondo e un rubacuori. Quando alla fine ci siamo incontrati, una sera, da noi, mentre lavorava a un progetto teatrale a Bologna, è stato amore a prima vista. Uno di quei rari incontri in cui senza essersi mai visti prima, sembra di conoscersi da sempre, di condividere un qualche segreto percorso comune. (Che poi con Massimo era facile, tanto era affabile e brillante e gentile).

Dopo quella volta ci siamo rivisti in un'altra manciata d'occasioni. Una volta a Bologna, a vedere lo spettacolo di cui era regista, un'altra volta s'è fermato qualche giorno a casa nostra, e abbiamo festeggiato il suo compleanno insieme a quello di Jacopo.

Nel frattempo gli anni son passati. Anni difficili, una trasferta piena di speranze a New York, un'incredibile serie di lutti, un matrimonio esploso nel nulla, e poi l'esperienza nel deserto e Parigi e chissà quanti altri luoghi lungo la strada.
Massimo non era uno che mollava. L'ultima volta che ho parlato con lui è stata al telefono. Era in Sicilia, dopo la scomparsa di suo padre. Era rimasto solo, ma seppure abbattuto l'avevo sentito comunque alimentare una speranza, con nuovi progetti all'orizzonte, altri viaggi, altri incontri. Stringere i denti e tirare avanti, alla faccia di chi ci vuole male, disponibile alla scoperta, con un sorriso sempre pronto.
Massimo aveva troppa vita addosso e non riusciva a trattenerla, a fermarla, a godersela. Non sono mai riuscito a capire se il suo continuare a muoversi fosse sinonimo di fuga o fosse invece la base per un'inesauribile ricerca. Forse entrambe le cose, forse nessuna delle due. Spero che negli ultimi tempi avesse qualcuno vicino, spero che ora sia in pace.

Ciao.