21 dicembre 2016

Letture: Mumbo Jumbo, di Ishmael Reed

Proviamo a rianimare il blog con una serie di post che nelle intenzioni hanno l’ambizione di segnalare le migliori letture fatte in questo 2016.
Saranno brevi flash che mi serviranno a ricordare e a riflettere sui libri che ho letto, e magari a offrire agli eventuali passanti un piccolo spazio per confrontarsi su autori e titoli che hanno apprezzato (o anche no, il bello della lettura è che ognuno è solo con il libro e i propri gusti, propensioni, idiosincrasie ed esperienze).


Oggi si parla di Mumbo Jumbo, di Ishmael Reed.

Mumbo Jumbo non è un libro facile. È un romanzo tossico e virulento, complesso, ipnotico e, nel complesso, incredibile.
Ma Mumbo Jumbo è anche un libro magnifico, avvincente e illuminante.
Una scorribanda nella storia americana (siamo negli anni ’20, raccontati però dai rabbiosi anni ’70, e la musica nera si trasmette come una malattia, partendo dalla provincia rurale fino alle metropoli americane). È un inno alla cultura africana in America con tutta la sua storia di contrapposizione, mescolanza ed esclusione dalla cultura ufficiale. È una storia di paranoia e politica, di rabbia e poesia.

Per entrare nel romanzo ho fatto fatica, che la prosa sincopata, elusiva e allusiva di Reed non è certo accogliente, ma quando il testo ha fatto finalmente click, non sono più riuscito a mettere giù il volume, tanto è ricco, voluttuoso e affascinante.

Consigliato a chi ama Pynchon e il jazz, ma anche (soprattutto?) a chi si chiede da dove arriva l’hip-hop, a chi cerca suggestioni fantastiche innestate sul corpo della storia, a chi cerca percorsi alternativi nel suo viaggio nella letteratura americana.



19 dicembre 2016

Letture: Occupy Me, di Tricia Sullivan

Proviamo a rianimare il blog con una serie di post che nelle intenzioni hanno l’ambizione di segnalare le migliori letture fatte in questo 2016.
Saranno brevi flash che mi serviranno a ricordare e a riflettere sui libri che ho letto, e magari a offrire agli eventuali passanti un piccolo spazio per confrontarsi su autori e titoli che hanno apprezzato (o anche no, il bello della lettura è che ognuno è solo con il libro e i propri gusti, propensioni, idiosincrasie ed esperienze).


Oggi si parla di Occupy Me, di Tricia Sullivan.

Da quando abbiamo iniziato l’avventura editoriale di Zona 42 è molto più difficile riuscire a parlare di libri di fantascienza sul blog (già tenerlo vivo è risultato quasi impossibile!). I motivi credo siano ovvi: stiamo leggendo molti romanzi in lingua originale, per alcuni di questi stiamo lavorando per riuscire a portarli in Italia, ad altri siamo costretti a rinunciare per i più diversi motivi. In entrambi i casi preferiamo muoverci senza troppo rumore per non creare false aspettative e per non bruciare eventuali buone notizie.
Occupy Me è l’eccezione che conferma la regola.

Occupy Me è l’ultimo romanzo pubblicato da Tricia Sullivan, autrice dell’eccellente Selezione naturale edito in italiano all’inizio dell’anno da Zona 42. Il motivo per cui parlo del romanzo qui dentro è semplice: non lo tradurremo in italiano (almeno non a breve!), ma le caratteristiche narrative di Occupy Me si prestano benissimo a un discorso più generale (e poi è un ottimo romanzo!).

Non pubblicheremo Occupy Me per il semplice motivo che riteniamo che il pubblico italiano non sia pronto per un libro simile (parlo naturalmente in generale, che sappiamo benissimo che alcuni di voi adorerebbero il romanzo della Sullivan!)

Occupy Me parte nel deposito di uno sfasciacarrozze dalle parti di New York, con Pearl (un donnone di mezza età che passa il tempo a sollevare pesi, dopo essersi risvegliata senza un passato all’interno di un frigorifero). Una partenza tranquilla per un romanzo che esplode immediatamente con una serie di elementi che ad elencarli uno a uno non ci si crede: un uomo (ma forse sono due…) in cerca di vendetta per il destino della sua gente vittima di una guerra del petrolio, ali d’angelo multidimensionali, ricerca dell’immortalità, una veterinaria scozzese riluttante, alieni disperati, valigette misteriose e società segrete dedite al benessere globale.
E non ho nemmeno citato lo pterodattilo!

Troppo? Forse. So solo che la trama architettata da Tricia Sullivan riesce a rendere credibili e affascinanti tutti gli elementi eterogenei presenti nel romanzo, che nulla appare forzato o gratuito, che in mezzo alla quantità strabiliante di meraviglia, non mancano aspetti di una profondità inusitata (viste soprattutto le premesse), che non avrei mai creduto di riuscire ad amare così tanto un romanzo dove capita di imbattersi in angeli svolazzanti (ok, non il tipo di angelo canonico, ma tant’è…).

Occupy Me è un romanzo straordinario nel senso più letterale del termine: difficilmente riuscirete a trovare in giro un libro altrettanto strano che sia al contempo tanto appassionante e leggibile, che riesca nel giro di poche pagine a divertire e a emozionare il lettore.
Occupy Me è un tripudio di meraviglia e sorprese, e se siete lettori curiosi in cerca di un libro che abbia tutte le potenzialità di travolgervi, bé, non fatevelo scappare.

Per concludere lascio parlare Tricia Sullivan, che nel suo intervento a Stranimondi presentava con quetse parole la sua fantascienza:

Occupy Me è un rompicapo selvaggio e adrenalinico che parla di consapevolezza e cosmologia. Tutti i miei libri parlano di consapevolezza, in modo più o meno esplicito. Molti di loro trattano anche di dualismo, e di solito utilizzo punti di vista paralleli per ottenere l’effetto desiderato. Lo faccio – soprattutto in Maul, che è da poco stato pubblicato in italiano da Zona 42 col titolo di Selezione naturale – sovrapponendo trame che c’entrano poco le une con le altre, lasciando che si scontrino per vedere cosa ne esce fuori. Mi piace lasciare ai lettori lo spazio per l’interpretazione. Mi piace farli sentire disorientati, fargli mancare la terra sotto ai piedi. Per me è proprio questa l’essenza stessa della fantascienza, ancora di più che della narrativa realistica. Lasciare che il lettore possa mettere la propria immaginazione al lavoro, che possa contribuire con la sua interpretazione. Scrivo libri per persone a cui piace masticare le idee, che hanno i denti e la voglia di pensare. Non ho nessuna intenzione di imboccarle.”

Se siete questo tipo di lettore, Occupy Me è il vostro romanzo.


13 dicembre 2016

Letture: L’onore perduto di Katharina Blum, di Heinrich Böll

Proviamo a rianimare il blog con una serie di post che nelle intenzioni hanno l’ambizione di segnalare le migliori letture fatte in questo 2016.
Saranno brevi flash che mi serviranno a ricordare e a riflettere sui libri che ho letto, e magari a offrire agli eventuali passanti un piccolo spazio per confrontarsi su autori e titoli che hanno apprezzato (o anche no, il bello della lettura è che ognuno è solo con il libro e i propri gusti, propensioni, idiosincrasie ed esperienze).


Il libro di oggi è L’onore perduto di Katharina Blum, di Heinrich Böll

Heinrich Böll è uno di quegli autori cui debbo un debito di riconoscenza che non riuscirò mai a saldare, visto il contributo dei suoi libri alla mia formazione personale. Leggerlo oggi, dopo decenni dall’ultima volta, è stato incredibile per la freschezza, l’attualità e lo spirito di questo gigante della letteratura contemporanea.
L’onore perduto di Katharina Blum è un romanzo che arriva dritto dritto dagli anni ’70, uno scritto che si può leggere a molteplici livelli: c’è il giallo, la riflessione sui media, il ritratto di una fetta di società tedesca, l’esercizio di stile mai fine a se stesso.
Leggere L’onore perduto di Katharina Blum è stato una gioia: ritrovare e riconoscere ancora una volta il rigore e la leggerezza, la rabbia e la compassione che per me sono inscindibili dalla scrittura di Heinrich Böll è stato come ritornare a casa.

(per approfondire i contenuti del romanzo consiglio questa recensione di Sabrina Campolongo su PaginaUno)


07 dicembre 2016

Letture: Mette pioggia, di Gianni Tetti

Proviamo a rianimare il blog con una serie di post che nelle intenzioni hanno l’ambizione di segnalare le migliori letture fatte in questo 2016.
Saranno brevi flash che mi serviranno a ricordare e a riflettere sui libri che ho letto, e magari a offrire agli eventuali passanti un piccolo spazio per confrontarsi su autori e titoli che hanno apprezzato (o anche no, il bello della lettura è che ognuno è solo con il libro e i propri gusti, propensioni, idiosincrasie ed esperienze).


Il libro di oggi è Mette pioggia, di Gianni Tetti

Come si scelgono i libri che leggiamo?
Tolti autori e libri che già conosco, a orientare le mie scelte sono i suggerimenti degli amici, qualche recensione illuminante, i commenti letti qua e là, titoli e scrittori citati in altre storie che mi è capitato di leggere.
Per Mette pioggia le cose sono andate diversamente. Grazie a una serie di fortunati eventi ho assistito a una presentazione del romanzo durante la quale Gianni Tetti ha letto qualche pagina del suo libro: sarò stato l’entusiasmo e la carica dell’autore, la sua abilità affabulatrice o il suo talento di lettore, ma ascoltarlo per quelle poche righe è stato sufficiente a decidere di volerlo leggere.

La lettura del romanzo ha confermato quel che di buono m’era parso di percepire nel corso della presentazione. In una Sardegna malata, avvolta in un sudario sfiancante, nell’attesa di una pioggia liberatoria, si muove una manciata di uomini e donne che cercano di sopravvivere alla loro quotidianità alterata.

Gianni Tetti si prende qualche rischio nel mettere in scena la solita carrellata di personaggi miserabili, sfigati e ignoranti, ma quel che salva il libro è la scrittura dell’autore, che risulta personale, scarna, energetica e, forse il tratto che più mi è rimasto impresso, compassionevole.
Ma i personaggi da soli non sarebbero sufficienti a garantire la qualità del romanzo: è la gestione dell’atmosfera, il caldo opprimente, il senso di isolamento, la quieta disperazione e il furore sotterraneo, a fare la differenza e a condurre il lettore a un finale straordinario, forse uno dei migliori che mi sia capitato di leggere negli ultimi anni.

In questi giorni Gianni Tetti è in giro per l’Italia a presentare il suo ultimo romanzo, Grande Nudo, un tomo di oltre 600 pagine appena pubblicato da Neo Edizioni. Se vi capita l’occasione, andate ad ascoltarlo. Non ve ne pentirete.


06 dicembre 2016

Letture: The Dark Defiles, di Richard K. Morgan

Proviamo a rianimare il blog con una serie di post che nelle intenzioni hanno l’ambizione di segnalare le migliori letture fatte in questo 2016.
Saranno brevi flash che mi serviranno a ricordare e a riflettere sui libri che ho letto, e magari a offrire agli eventuali passanti un piccolo spazio per confrontarsi su autori e titoli che hanno apprezzato (o anche no, il bello della lettura è che ognuno è solo con il libro e i propri gusti, propensioni, idiosincrasie ed esperienze).


Il libro di oggi è il terzo di una trilogia che ho letto in lingua originale: The Dark Defiles di Richard K. Morgan.

The Dark Defiles è il capitolo conclusivo della trilogia A Land Fit for Heroes. Ho parlato dei capitoli precedenti qui (The Steel Remains) e qui (The Cold Commands). Vi consiglio di leggere quei post per una presentazione più approfondita dei temi e delle situazioni caratteristici della trilogia.

Se The Steel Remains mi aveva entusiasmato, e The Cold Commands lasciato decisamente più freddo (!), The Dark Defiles si è rivelata una lettura travolgente. Tutto il meglio del primo romanzo (azione, personaggi, ambientazione!) e del secondo (scrittura immaginifica, tocchi lisergici) vengono esaltati in una storia che chiude tutti i fili narrativi intessuti da Morgan per condurre il lettore a un finale che si rivela essere assolutamente soddisfacente.
Se poi tra di voi c’è chi ha amato Takeshi Kovacs, bé, aspettatevi qualche sorpresina…

Vi lascio con una riflessione a margine, forse inevitabile pensando al genere di libri che più apprezzo: se solo tutta la fantascienza travestita da fantasy fosse di questo livello (anche se a ripensarci, esempi memorabili ce ne sono, dal Libro del Nuovo sole di Gene Wolfe a Inversioni, e Matter, di Iain M. Banks), forse qualche lettore fantasioso cambierebbe più agevolmente sponda.

Per concludere una nota sull’edizione italiana. Di questo trittico di romanzi sono usciti per Gargoyle i primi due capitoli (intitolati rispettivamente Sopravvissuti e Esclusi), del terzo non v’è traccia. Tra l’altro le dimensioni di The Dark Defiles sono quasi il doppio rispetto a The Steel Remains o a The Cold Commands, il che rende la prospettiva di leggere in italiano The Dark Defiles piuttosto nebulosa. Ma voi che leggete in inglese non fatevelo scappare!

05 dicembre 2016

Letture: La sinagoga degli iconoclasti di Rodolfo Wilcock

Proviamo a rianimare il blog con una serie di post che nelle intenzioni hanno l’ambizione di segnalare le migliori letture fatte in questo 2016.
Saranno brevi flash che mi serviranno a ricordare e a riflettere sui libri che ho letto, e magari a offrire agli eventuali passanti un piccolo spazio per confrontarsi su autori e titoli che hanno apprezzato (o anche no, il bello della lettura è che ognuno è solo con il libro e i propri gusti, propensioni, idiosincrasie ed esperienze).


Partiamo con un piccolo libro pieno di cose dentro: La sinagoga degli iconoclasti di Rodolfo Wilcock.

Il volumetto di Wilcock è una raccolta di ritratti di pazzi, burloni, furfanti e idealisti, accomunati dall’eccezionale entusiasmo nelle loro intenzioni di cambiare, aggiustare, sistemare il mondo intero.
Siamo dalle parti dell’800 creativo e positivista, epoca di grandi trasformazioni, attraversati da tempi decisamente infiammabili e con una risposta allo shock del futuro che vira sempre più spesso al meraviglioso, con un accozzaglia di filosofi, scienziati, inventori, dilettanti e professionisti, improvvisati o con decenni di studi alle spalle, costantemente immortalati a occhi sgranati ad aspettare e preparare quel che di nuovo arriverà domani (dopodomani, al massimo…).

La sensazione durante la lettura è  stata spesso quella di sbirciare una sorta di facebook antelitteram, con le idee più scriteriate fianco a fianco a ipotesi ponderate e ricercate con un acume certosino. E senza lo spazio commenti.
Erano tempi ingenui, certo, ma che energia!

(Per la lettura della La sinagoga degli iconoclasti  devo un ringraziamento a Jacopo Berti, e all’ottima recensione del suo blog).

27 aprile 2016

Ultime notizie dalla Zona - aprile-maggio 2016

Post in mirror con il sito di Zona 42, per comunicare anche qui dentro le ultime notizie dalla Zona.



Bentornati nella Zona!
Siamo ormai alla fine di Aprile, Real Mars è uscito da una decina di giorni e i primi lettori sono già entusiasti del romanzo di Alessandro Vietti.

Cosa chiedere di più? Forse la possibilità di incontrare l'autore a spasso per librerie?
Vediamo un po' se riusciamo ad accontentarvi.
Ecco qui di seguito le ultime novità dalla Zona.



ZONA 42 IN TOUR

Abbiamo fissato le prime date per presentare Real Mars dal vivo con Alessandro Vietti. Il primo appuntamento è fissato per sabato 7 maggio alla libreria Bookowski di Genova. Alessandro Vietti è genovese DOC, far esordire il suo romanzo nella città ligure ci sembrava cosa buona e giusta!

A fine maggio saremo invece a Milano, alla libreria Open di Viale Monte Nero che ci ha già visti ospiti un paio di volte (l'ultima per presentare Arresto di Sistema con la partecipazione straordinaria di Charles Stross). La data fissata per l'incontro con i lettori è sabato 28 maggio.

Maggiori particolari arriveranno al più presto.

 Per tutti i dettagli di questi e dei nuovi eventi che ci vedranno protagonisti in compagnia di Alessandro Vietti vi rimandiamo alla nostra pagina facebook costantemente aggiornata con le ultime novità.
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PREMIO ITALIA 2016

Nel finesettimana del 20/21/22 maggio si terrà a Bellaria la quarantaduesima edizione dell'ItalCon, inglobata come ormai consuetudine negli ultimi anni nella StarCon, la superconvention che riunisce sotto un unico tetto gli appassionati di svariate serie cinematografiche e televisive.

Noi non terremo alcuna presentazione (è una lunga storia…) ma saremo molto probabilmente presenti almeno con i nostri libri nella giornata di sabato 21 maggio.

Nella serata di sabato verranno anche assegnati i Premi Italia 2016. Come forse ricorderete noi siamo in gara per il miglior romanzo italiano di fantascienza con Dimenticami Trovami Sognami, di Andrea Viscusi; per il miglior romanzo internazionale di fantascienza con Arresto di sistema di Charles Stross, con il miglior traduttore (con Silvia Castoldi & Marco Passarello, in lizza per il loro lavoro su Regina del Sole di Karl Schroeder) e per la miglior collana italiana di fantascienza, con I libri dell'Iguana.


Premio Italia 2016

CAMPAGNA ABBONAMENTI

La campagna abbonamenti che abbiamo lanciato all'inizio dell'anno terminerà alla fine del mese. Avete quindi ancora qualche giorno per approfittare della formula di abbonamento che abbiamo creato appositamente per chi vuole sostenere il progetto Zona 42 e risparmiare al contempo qualche euro sull'acquisto dei singoli volumi in arrivo nei prossimi mesi.

 L'abbonamento che proponiamo ai nostri lettori prevede la possibilità di ricevera a casa senza alcuna spesa di spedizione i primi cinque libri del nostro programma editoriale 2016/2017 al prezzo speciale di 66 euro.
A Selezione naturale, di Tricia Sullivan, e Real Mars, di Alessandro Vietti, usciti nelle ultime settimane, seguiranno Sole pirata, di Karl Schroeder, romanzo conclusivo della trilogia di Virga, Fellahin di Jon Courtenay Grimwood ed Elysium, di Jennifer Marie Brissett.


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SELEZIONE NATURALE

Prosegue con buona lena la marcia di Selezione naturale alla conquista di nuovi lettori.
È di pochi giorni fa l'ottima recensione uscita su Bossy.it che affronta il romanzo di Tricia Sullivan dal punto di vista esterno rispetto a quello del mondo della letteratura di genere a cui siamo solitamente abituati.
Se uno degli obiettivi principali di Zona 42 è quello di cercare di allargare il pubblico dei lettori capaci di apprezzare i romanzi che proponiamo, questa recensione è un gran bel segnale e insieme un ottimo aspicio per il futuro del nostro progetto editoriale.

05 aprile 2016

Real Mars: la copertina

Come ormai di consueto, presento in mirror sul blog il post di presentazione della copertina del nuovo romanzo di Zona 42. Ecco Real Mars, di Alessandro Vietti


Real Mars, di Alessandro Vietti sarà il prossimo romanzo edito da Zona 42.
Siamo davvero felici di presentarvi oggi in anteprima la copertina cha Annalisa Antonini ha preparato per il libro.

Ma di cosa parla Real Mars? Chi segue la pagina facebook di Ettore Lombardi una qualche idea se l'è probabilmente già fatta, anche se Alessandro Vietti è stato molto abile nel gioco del vedo / non vedo sui reali contenuti della storia.  

Real Mars racconta del viaggio della Europe 1 verso Marte, progettato e realizzato dall'ESA con il contributo economico derivato dalla vendita dei diritti di sfruttamento mediatico della missione a un consorzio internazionale di network. Se mai un giorno non troppo distante andremo davvero su Marte, è probabile che la nostra esperienza non sarà molto diversa da quella narrata nel romanzo: quattro astronauti in viaggio e miliardi di persone a guardarli e a commentare, a meravigliarsi e a disprezzare, a modificare il palinsesto della propria vita in funzione del programma.

Real Mars ci racconta quanta umanità abbiamo perduto abbracciando la comodità dell'emozione televisiva, ma ci mostra anche quanta umanità c'è ancora là fuori, anche se magari per trovarla bisogna percorrere qualche centinaio di milioni di chilometri e arrivare al termine dell'avventura più estrema ed emozionante della Storia dell'Uomo.

Scritto da Alessandro Vietti con rara vivacità e profondità, Real Mars è un originale, irriverente, indimenticabile romanzo sui nostri tempi.

Nei prossimi giorni attiveremo la pagina dedicata al romanzo, con la possibilità di scaricare i primi capitoli dello stesso.  
Real Mars sarà disponibile sul nostro sito e quindi in libreria a partire da lunedì 18 aprile.

Rimanete sintonizzati!

18 gennaio 2016

Visioni: Revenant (2015)


La settimana scorsa, parlando di Macbeth, notavo come uno scenario reso in maniera straordinaria non è sufficiente a rendere memorabile un film. Sabato abbiamo visto Revenant e be', se in Macbeth il panorama era una bella cornice e un ottimo sfondo per una narrazione non perfettamente riuscita, lo scenario naturale che avvolge la vicenda narrata da Iñárritu diventa personaggio fondamentale nello sviluppo della storia, nel farsi protagonista tanto quanto bestie e uomini di un'epopea come da tempo non mi capitava di vedere.

Revenant è un western, e come tale deve fare i conti con un canone scolpito nella pietra. E Revenant è quindi retorico, semplice, diretto. Violento e appassionato come solo i migliori western riescono ad essere.

Di diverso e di memorabile Revenant ha un settore tecnico incredbilmente evoluto, capace di mescolare cgi e riprese dal vero in un modo mai visto prima (forse solo il precedente film di Iñárritu, Birdman, è stato capace di fare altrettanto, in un contesto peraltro completamente diverso).
Revenant è un film perfetto nella sua solidità, che sfrutta fino in fondo il talento dei due attori protagonisti, Leonardo "sguardo fisso" DiCaprio e Tom "occhi sfuggenti" Hardy, che mettono a disposizione del film il loro intero corpo, pelle, muscoli e sguardi, appunto, sia che non si perdano mai in chiacchiere - DiCaprio (sia prima che dopo l'intervento alla gola) - sia che sommergano i compagni di parole, ridondanti e prepotenti - Hardy.

Dicevo della retorica che permea tutta la pellicola. Retorica inevitabile, volendo girare un western canonico, ma retorica gestita benissimo dal regista, che la sfrutta per far procedere speditamente la storia (in questo senso è emblematica la scena dell'indiano impiccato) ed evidenziare senza soffermarcisi troppo sopra gli aspetti dovuti in un certo tipo di narrazione.
E dicevo anche della semplicità della storia, con una uomo che caccia un altro uomo per il più primitivo dei motivi. Quel che è tutt'altro che semplice è il ritmo e la cadenza del racconto, che si regge in equilibrio perfetto sulla continua triangolazione tra uomini, natura e immaginazione, con i primi rappresentati con tratti esasperati nella loro essere monotoni e monolitici nelle esigenze e nei desideri; la seconda a porsi come continuo limite da superare, esprimendosi in un linguaggio che è indispensabile conoscere per potervi sopravvivere; e infine l'immaginazione: che siano sogni o ricordi, l'immaginazione lavora, nonostante tutto, per fornire scopi e risorse a un uomo altrimenti perduto, a regalare un angolo riparato in cui trascorrere la notte.

Revenant è un film durissimo che non fa sconti a nessuno, che fa pagare con gli interessi allo spettatore la sofferenza percepibile in ogni secondo di film girato. Ed è proprio questa la sua grandezza: Revenant è un film popolare, nel senso migliore del termine, con alla regia un uomo perfettamente consapevole del potere del cinema, che esce vincente dalla sfida proprio perché non scende ai compromessi di tutti quei cosiddetti blockbuster d'autore in cui siamo incappati negli ultimi anni (ogni riferimento a Christopher Nolan è voluto).

Andatelo a vedere, che un film del genere è capace di riconciliarti da solo con buona parte del cinema popolare contemporaneo.

12 gennaio 2016

Visioni: Macbeth (2015)

I primi campanelli d'allarme suonano quando rimani più colpito dal panorama che non dal contenuto. Se poi consideri che non stiamo parlando di un Transformer qualsiasi ma di Macbeth, l'allarme si fa decisamente più pressante.
Perché il Macbeth di Justin Kurzel è indubbiamente bello, ma nel giudizio complessivo questa è semmai un'aggravante, non una giustificazione.

Macbeth è la tragedia shakespeariana sul tradimento, una storia che esplora alcuni degli aspetti più sordidi dell'animo umano. Una storia che più nera di così è difficile immaginarla.
La lettura che ne da Kurzel punta tutto su effetti speciali e carisma attoriale, per una messsa in scena che non brilla per una qualche originale scelta narrativa, ma solo per i colori dello scenario e per gli sguardi e la preesenza di un Michael Fassbender in stato di grazia.

E potrebbe anche funzionare, dopotutto non è che la vicenda di Macbeth sia poi così complessa. Per dire, l'utilizzo delle Norne è efficace (ma perché cinque?), ìasciare a loro il compito di essere l'unico motore della vicenda un po' meno.
Idem per Lady Macbeth. Marion Cotillard è convincente nelle prime scene in cui compare: la sua cattiveria è evidente, come credibile è il suo riuscito tentativo di corrompere il marito. Ma poi che succede alla regina? Perché da perfida istigatrice di ogni malvagità si trasforma in un agnellino paziente, con tanto di occhioni tristi?
Emblematica dello scarso equilibrio che caratterizza questa produzione è la scena del banchetto mancato, che ho trovato quasi imbarazzante: Macbeth che chiacchiera amabilmente con gli assassini del fido Banquo in mezzo alla folla degli ospiti, mentre il richiamo della regina al brindisi si ripete quanto? Quattro, cinque volte? e gli ospiti che alla fine se ne vanno digiuni. Poi per fortuna c'è il fantasma di Banquo che salva in extremis il bilancio complessiva del momento, ma arriva un po' tardi, con l'affanno.

Nonostante i difetti, non sono uscito del tutto deluso dalla visione. Forse le mie aspettative erano davvero troppo alte, e il film, come dicevo sopra, è visivamente davvero bello, tanto che m'ha quasi convinto a ritornare in Scozia (come se ci fosse bisogno di un film!). E Michael Fassbender offre un interpretazione di Macbeth davvero entusiasmante, prestando sguardo e corpo in progressivo disfacimento a un personaggio che ora non potrò più pensare reso altrimenti. Considerate poi che io non ho questa gran dimestichezza con l'opera shakespeariana, e quindi il mio giudizio è viziato da una certa distanza di fondo.
Ma tant'è, a voi è piaciuto?

03 gennaio 2016

Letture: il meglio del 2015 - seconda parte

Buon anno a tutti!
Ecco la seconda parte della lista delle mie migliori letture del 2015.
Qui non si parla di fantascienza ma di tutto il resto della produzione letteraria che mi è capitata per le mani negli scorsi dodici mesi.
In effetti l'anno appena trascorso è stato uno dei più miseri come quantità di letture, le cause sono quelle che citavo nel post precedente: Zona 42 mi ha fatto diventare un lettore per lavoro, che tra i libri letti sperando di poterli un giorno pubblicare, quelli letti perché qualche autore ce li ha inviati con la speranza di essere pubblicato e le numerose (ri)letture causa revisione dei libri che abbiamo pubblicato, il tempo da dedicare ai libri in attesa magari da anni sull'apposito scaffale si è sempre più ridotto.

Comunque sia andata qualche buon libro l'ho pur letto e se ne segnalo solo due, non vuol dire che non ci sia spazio per qualche altro suggerimento, magari più controverso, ma su cui mi piacerebbe confrontarmi con altri lettori.

I miei due libri dell'anno sono stati, in ordine di lettura Nel mondo a venire, di Ben Lerner, e Siamo tutti completamente fuori di noi, di Karen Joy Fowler.


Nel mondo a venire racconta di come tutti i tempi possibili siano lì, a disposizione della nostra vita, di come navigare tra presente, passato e futuro sia opera eminentemente letteraria, di come la nostra vita si incastri quasi casualmente tra i vettori del tempo e di come le altre persone, le altre storie, siano tanto indispensabili quanto inutili se non inserite nella nostra personale narrazione.
Ben Lerner racconta la vita del suo alter ego letterario, tra crisi, viaggi, scelte e ricordi, e se riesce a coinvolgere il lettore lo fa grazie a uno stile ricco e terso allo stesso tempo, con la scelta  vincente di guardare soprattutto al mondo là fuori invece di intrattenersi nell'esame del proprio ombelico. A metà strada tra Jonathan Lethem e il West, Nel mondo a venire è un romanzo stupefacente per la quantità di suggestioni che porta con sé.


Siamo tutti completamente fuori di noi, è un romanzo strano, difficile parlarne senza rovinare la sopresa al lettore che voglia avventurarcisi. Perché quel che parte come una storia di famiglia in crisi (i figli partono, le mamme invecchiano…) si trasforma in qualcos'altro, man mano che si rivelano origini e conseguenze del mistero che sta alla base del romanzo (una sorella scomparsa).
Karen Joy Fowler condisce la storia di personaggi sfuggevoli e situazioni precarie e di improvvisi momenti di candida introspezione, tanto che il lettore (questo lettore) è costantemente spiazzato dal contenuto del romanzo che sembra essere sempre a un passo da un rivelazione definitiva. Tra le righe ci sono e succedono un sacco di cose interessanti, c'è tanta scienza (intesa come ragionamento su, piuttosto che come contenuti scientifici veri e propri), c'è una famiglia allo sbando per quelli che si scoprono essere i motivi sbagliati, c'è il raggiungimento di una consapevolezza che suona tanto amara quanto consolatoria.
Un gran bel romanzo insomma, profondo e sorprendente.


Se i due titoli qui sopra rappresentano senza dubbio le migliori letture dell'anno, devo citare anche quelle che si son rivelate più o meno deludenti. Si tratta di due autori americani le cui opere precedenti ho apprezzato assai e di un autore italiano, che non conoscevo, ma dal cui romanzo mi aspettavo qualcosa di diverso, di meglio.

Tra i contemporanei Jonathan Lethem è forse l'autore americano che amo di più, nel blog ho parlato spesso e volentieri dei suoi libri, di come abbia ritrovato nella sua scrittura una certa sintonia di vsione, una comunanza di interessi. I giardini dei dissidenti è il suo primo romanzo in cui non sono riuscito a entrare, l'ho trovato distante e fuori fuoco, concentrato come mi è parso sul chi (con personaggi sovracarichi di personalità, storie, suggestioni e manie) perdendo per strada il come, il perché, il cosa. E per un romanzo che vuole dichiaratamente percorrere la storia dei gruppi alternativi al potere americano mi pare difetto piuttosto sostanzioso. Poi certo, il romanzo si legge che è un piacere, perché Lethem rimane uno dei migliori scrittori sulla piazza. però ecco, mi aspettavo qualcosa di più.

Per Dave Eggers non ho mai nutrito lo stesso entusiasmo ma per me rimane comunque un autore importante, che qualche suo libro mi ha davvero colpito. Non posso dire lo stesso de Il Cerchio, romanzo che affronta temi importanti per la nostra contemporaneitò, ma che risulta schiacciato dall'intento pedagogico dell'autore. Di questo romanzo ho parlato in maniera un pochino pià approfondità qui.

Altro romanzo interessante letto negli ultimi mesi, ma che non è riuscito a convincermi del tutto, è XXI Secolo di Paolo Zardi. In questo caso credo che i problemi di sintonia col romanzo siano dipesi più dalle mie aspettative che non da difetti intrinseci al testo di Zardi. A leggere la presentazione del libro mi aspettavo un testo dalla forte componente distopica, una storia calata in un contesto di crisi che raccontasse la nostra reazione, o il nostro adattamento, a tempi ancora pià grigi di quelli che stiamo vivendo. Purtroppo (dal mio punto di vista) XXI Secolo è solo il racconto di una crisi personale, con il mondo in disfacimento in cui è calata la storia poco più che una nota di colore a caratterizzare in maniera ancora più esplicita la situazione del protagonista.


Ultima nota sullo stato del blog. Come già detto più volte, mantenere vivo e attivo il blog è compito superiore alle mie possibilità attuali. Scrivere qui dentro mi manca però molto, per cui non è detto che non riesca a ritagliarmi qualche istante per qualche nota sulle letture future, che per me non c'è nulla come ripensare per iscritto a quanto letto per scoprire aspetti nuovi, sia nel testo in questione sia nel mio approccio alla lettura. Non prometto nulla, e voi non trattenete il respiro nell'attesa di un nuovo post, ma è una cosa a cui tengo parecchio. Speriamo di risentirci presto!