12 luglio 2017

Letture: The Stars Are Legion, di Kameron Hurley

Seguire dall’Italia la produzione internazionale di genere (di fantascienza in particolare) non è cosa agevole, per fortuna esistono un paio di blog che propongono periodicamente commenti e recensioni su quelli che, a torto o ragione, sono considerati tra i volumi più caldi del momento.

Uno di questi è GerundioPresente (un altro è Fragments of a Hologram Dystopia), e quando sulle sue pagine Elisa Giudici parla di qualche titolo sono ormai sicuro che sia degno d’interesse.
Qualche tempo fa è toccato a The Stars are Legion. Il commento che ha fatto Elisa all’ultimo romanzo di Kameron Hurley mi ha colpito, tanto da obbligarmi alla lettura. Del resto era dal primo romanzo della trilogia del Radch di Ann Leckie che non leggevo di una space opera che avesse, almeno sulla carta, tutta quella serie di caratteristiche capaci di incuriosirmi.

The Stars are Legion raccoglie in quattrocento pagine tutta una serie di aspetti ed elementi con un ottimo potenziale narrativo: la Legione del titolo è  costituita da una serie navi-mondo organiche, bloccate in orbita fissa intorno a un sole, abitate da una popolazione esclusivamente femminile; l’azione nasce dalla necessità di conquistare l’unico di questi mondi che pare essere capace di liberarsi e muoversi autonomamente nello spazio e lasciare dunque la Legione.

A questo setting piuttosto interessante, non corrisponde purtroppo una gestione della storia altrettanto soddisfacente. Da una parte spiace notare come la lingua della Hurley non sia particolarmente raffinata, con una scrittura che m’è parsa piatta e uniforme per tutto il corso della storia: a uno scenario estremamente suggestivo non corrisponde un'eguale ricchezza nelle espressioni, e nella profondità di indagine dei comportamenti e delle relazioni tra i personaggi.
Anche lo sviluppo della trama soffre di qualche limite strutturale. La netta divisione in due parti del romanzo, con la prima quasi irritante nel rendere subalterno qualsiasi dettaglio per dare spazio alle gesta (e ai segreti!) dei due personaggi principali, la seconda che come nel più tradizionale schema da space opera d’antan, si riduce a una progressione ad accumulo costante (di personaggi, scenari, incontri) per arrivare un esito che risulta telefonato per prima della conclusione del volume.

Non tutto è dimenticabile: la natura organica delle navi-mondo è effettivamente straordinaria, soprattutto per come si lega alla femminilità dei suoi abitanti; il viaggio di Zan (una delle due protagoniste del romanzo) dalle viscere del mondo alla riconquista del suo posto nella società, per quanto ricalchi parecchi cliché, è comunque affascinante per gli scenari e le suggestioni che evoca; la carnalità dell’ambientazione (e la brutalità delle interazioni) è potente quanto basta per avvincere il lettore e farlo arrivare a fine volume.
Ma ecco, viste le premesse io mi aspettavo qualcosa di più: le potenzialità politiche del testo (Lesbiche!!! Nello spazio!!!) sono del tutto disattese (in pratica i rapporti sociali non vanno molto più in là di un feudalesimo di ritorno, di una povertà sconcertante), così come l'aspetto carnale e femminile della vicenda (che dovrebbe essere legato a doppio filo con quello politico), se c’è la violenza, manca quasi del tutto qualsiasi accenno al sesso (da questo punto di vista The Stars are Legion è piuttosto morigerato) e, soprattutto, manca una caratterizzazione originale dei personaggi che, nonostante il contesto, pensano e si relazionano una con l'altra come in una qualsiasi serial televisivo contemporaneo.
Per essere stato lanciato come un esempio delle nuove tendenze della narrativa di fantascienza contemporanea, The Stars Are Legions mi ha lasciato l'impressione di essere molto più vicino ai romanzi di un Vance o di un Farmer piuttosto che non alle opere di LeGuin o Leckie (il che, me ne rendo conto, per qualche lettore è di certo un pregio) ed è forse questa incapacità di andare oltre il puro intrattenimento l’aspetto del romanzo che più mi ha deluso.





04 luglio 2017

Letture: Dissipatio H.G. di Guido Morselli

Se dovessi pensare a un trittico ideale di romanzi che raccontano la fine del mondo, molto diversi tra loro ma tutti caratterizzati da una scrittura sopraffina, e che rappresentano ognuno un approccio specifico e riconoscibile al tema, piazzerei sul versante americano dell’ipotetico triangolo La Strada, di Cormac McCarthy (sentimenti forti, epica del viaggio, lo spettacolo della natura, per quanto distrutta e morente), mentre gli altri due lati verrebbero senz’altro occupati da Specchi neri, di Arno Schmidt (una fine morbida, un nichilismo quasi allegro, e decisamente tedesco, con la campagna splendidamente disabitata dopo l’orrore) e da Dissipatio H.G. di Guido Morselli.

Ci ho messo anni ad arrivare a quello che molti ritengono il capolavoro di Guido Morselli: Dissipatio H.G. era una presenza costante ai margini della percezione, un titolo che periodicamente ritornava, citato da amici più o meno in sintonia con i miei gusti, più o meno vicini nelle frequentazioni librarie, dentro e fuori la letteratura di genere. Ma Dissipatio H.G. non mi è mai capitato tra le mani, forse per una scarsa sincronia tra la periodica ricerca attiva del volume e l’effettiva disponibilità del libro nei luoghi dove lo cercavo. Finalmente qualche mese fa sono riuscito a trovarne una copia usata in una libreria modenese e nonostante la coda di lettura tendente all’infinito, ha preso il sopravvento la voglia di capire perché questo testo è ritenuto fondamentale da parecchi lettori di cui mi fido.

Bastano poche pagine per capire perché il romanzo di Guido Morselli ha tanti estimatori.
Dissipatio H.G. è una sorta di unicum nella produzione letteraria nostrana: un romanzo che per scrittura, profondità, complessità e ambizione potrebbe essere tra i vertici della letteratura italiana del ‘900 e insieme, un romanzo che pur facendo di tutto per distanziarsene fa propri tutti i più classici temi e situazioni della letteratura di genere.
Dissipatio H.G. racconta in forma di monologo l’improvvisa scomparsa del genere umano. Il protagonista reagisce alla sorpresa attraversando tutto lo spettro delle umane emozioni e affrontando la situazione con gli approcci più diversi (ricordando, esplorando, distruggendo, immaginando), riflettendo nel frattempo su quel che era, su quel che è, su quel che sarà, di se stesso, e dell’umanità scomparsa.
Dissipatio H.G. è un romanzo esistenzialista, un’opera apocalittica, un pamphlet nichilista, un amara riflessione sul nostro ruolo, un libro politico, un grido d'aiuto, una guida alla sopravvivenza alla modernità. Un’anarchica (e letteraria!) resa all’ineluttabilità del potere della maggioranza (economico, culturale, politico) e all'inevitabile necessità della gente, per rimandare la fine.
Un capolavoro.