10 maggio 2011

Che fine ha fatto Sean Fentress?

C'è una domanda rimasta senza risposta alla fine di Source Code.

Quel riflesso finale nel Fagiolo di Chicago è il suggello definitivo alle vicissitudini del capitano Colter Stevens. A quel punto è però lecito chiedersi dove sia finito Sean Fentress: è lì, certo. Ma siamo sicuri ci sia davvero?

Prima di proseguire è meglio avvertire i passanti che le note qui di seguito conterranno inevitabilmente qualche spoiler su quanto succede nel film. Se non avete ancora visto Source Code vi consiglio di interrompere la lettura e tornare magari dopo la visione, altrimenti potete sempre dare un'occhiata al post precedente.



Source Code è un film meraviglioso per come riesce ad integrare concetti complessi derivati dalla fisica quantistica (e poco importa se questi siano veri e dimostrabili*, quel che conta è che siano narrativamente efficaci) ad un plot appassionante. Quando tutti gli ingranaggi fanno clic, quando alla fine del film ti rendi conto che sì, quel che sospetti è vero, a ogni riavvio del bioware denominato Suorce Code si crea un nuovo universo, beh… ripensi a quel che hai visto e ti rendi conto dell'abilità (e della furbizia) di regista e sceneggiatori. Le unità di otto minuti in cui è strutturata l'azione non sono l'inizio e la fine della realtà virtuale vissuta da Colter Stevens, quanto piuttosto possibilità di nuove realtà - opportunamente mascherate da esplosioni e morti ben calibrate - che sbocciano da ogni variazione nella sequenza temporale di fatti e reazioni.
(* Il substrato teorico è comunque consistente. Vedi per esempio la pagina di Wikipedia dedicata al Multiverso.).

Trovare parenti illustri a questo tipo di narrazione è un giochino divertente. C'è chi, al solito, ci vede il fantasma di Dick (a me pare improbabile, vuoi per motivi anagrafici: Duncan Jones ha quarant'anni, l'età giusta per essere cresciuto a pane e cyberpunk, vuoi proprio per le tematiche affrontate dal film). Io tendo a vederci Egan ad ogni pié sospinto (e in effetti la reazione del pubblico generalista a un film del genere è simile a quella di molti lettori non avvezzi alla fantascienza dopo aver provato l'autore australiano), con un'attenzione a motivazioni e umanità dei personaggi che mi piace associare ad altri autori che leggo sempre volentieri (tipo Ian McDonald, tanto per non fare nomi).
In effetti uno degli aspetti migliori del film di Duncan Jones sta nella sua capacità di infondere personalità a personaggi che a primo acchito paiono provenire dritti dritti dalla fabbrica dei cliché. Dal veterano della guerra afgana, alla fanciulla sul treno, dall'ufficiale addetta all'interfaccia, allo scienziato zoppicante, fino al terrorista misterioso. Esclusi i protagonisti ognuno di questi personaggi ha pochissimi istanti per farsi conoscere e ricordare e per assolvere a una qualche funzione narrativa superiore, ma tutti rimangono impressi nella memoria: l'ufficiale per come si convince a mettere avanti l'umanità residua del capitano rispetto alla sua funzione codificata, lo scienziato per come rappresenta la scienza tutta utilità, nessuna coscienza; il terrorista, esemplare ed inquietante esempio di nerd come potenziale nemico interno.

Source Code è ricchissimo di questi sottotesti (i pregiudizi smascherati; scelta individuale vs bene collettivo; la ricorsività che da incubo si trasforma in speranza; la negazione dell'effetto videogame, con la morte che non smette mai di far male) a volta appena accennati, altre volte sottolineati per poi essere smentiti, o pronti a rincorrersi a vicenda per poi diventare dominanti. Come ad esempio diviene fondamentale nell'economia della vicenda il rapporto tra il capitano Colter Stevens, nelle vesti del pendolare Sean Fentress, con la sua compagna di viaggio.
Jones si dimostra molto abile nel passo scelto per la progressione della loro relazione. Relazione che ha tutta l'aria dell'obbligatoria storia d'amore, canonica per ogni action movie che si rispetti, ma che qui ha invece il compito di portare il protagonista a quella scelta, e alla conseguente scoperta, che si rivelerà definitiva per il destino del suo personaggio, regalando nel frattempo allo spettatore momenti di squisita dolcezza (quel fermo immagine, accidenti!).

Ma preferisco fermarmi qui, che per quanto sia divertente mettersi ad esplorare le dinamiche sotterranee di un film, arriva sempre il momento chiedersi se e quanto di quel che si è percepito al cinema sia frutto del lavoro degli autori o se invece la nostra visione rispecchi invece i nostri desideri e la nostra esperienza. Col rischio di arrivare a porsi una domanda come quella iniziale che fa ripartire da capo tutto il ragionamento.
Che fine ha fatto Sean Fentress?

10 commenti:

  1. Effettivamente, porsi questa domanda modifica totalmente il finale. Happy ending per tutti, tranne per il povero Fentress, che in un universo è morto e nell'altro è stato sostituito. Bell'affare! :D

    RispondiElimina
  2. Già, tutti felici tra il povero povero Sean.

    Ma perché mi devo porre 'ste domande?

    (l'altro dubbio, di portata indubbiamente minore, è quel conto alla rovescia di 8 minuti già pronto al polso del nostro eroe. Ma forse è solo un problema di montaggio, che effettivamente la prima volta mi pare di ricordarlo indaffarato con l'orologio…)

    RispondiElimina
  3. Penso che Jones lo voleva finire con la scena del freeze, mentre i produttori lo hanno spinto a fare lo spiegone finale. Comunque rimane una roba grandiosa.

    RispondiElimina
  4. A me i finali successivi non sono affatto dispiaciuti. Ognuno aggiungeva un tassello alla visione e approfondiva, concludendolo, un aspetto diverso della pellicola in un crescendo davvero memorabile.

    RispondiElimina
  5. Sean e' il personaggio sacrificabile sin dall'inizio, direi che e' il morto de "il grande freddo". Speculativamente e' bello domandarsi cosa ne e' di lui, ma ai fini della fruizione del film e' irrilevante. Il risultato e' che il 95% degli spettatori, leggendo il tuo post si chiedono "Sean, chi?".

    Pollici su per il figlio di David Bowie, comunque, che all'opera seconda e' riuscito a far meglio che con "Moon". Cosa assolutamente non facile, ne' scontata.

    Barney

    RispondiElimina
  6. "il 95% degli spettatori, leggendo il tuo post si chiedono "Sean, chi?"."
    Probabilmente hai ragione, ma in un film solido come Source Code questo per me rimane un difetto mica da poco.
    Dopotutto Sean è l'unico personaggio senza speranza in tutto il multiverso e, per quanto ci provi, non riesco a pensare a un destino peggiore del suo.
    (il morto de Il Grande Freddo ha funzione opposta a quella di Sean: è il catalizzatore invisibile dell'azione. Dopo quasi trent'anni te lo ricordi ancora, dubito che Sean Fentress avrà la stessa fortuna)

    Poi è vero, durante la visione il destino di Sean è un dettaglio cacciato abilmente sotto il tappeto rispetto a plot e subplot vari. E non toglie nulla (o quasi) ai meriti del film. Ma è un dettaglio che se lo noti inizia a prudere, appena sotto la pelle.

    RispondiElimina
  7. in effetti è la prima domanda che mi è rimasta in mente dopo aver visto il film. sean è stato "rimpiazzato" da colter? la sua identità rimane chiusa in un angolo del cervello nel corpo che alla fine viene mosso dal soldato? in effetti alla fine dei conti sean fentress è il personaggio che viene meno approfondito (sappiamo nome e professione), nonostante il suo sia un ruolo del tutto rilevante.

    forse nell'ultima scena fuori dal treno avrebbero potuto mettere l'attore che interpretava sena, per far capire che, in realtà, quello che è sopravvissuto è il corpo di fentress. ma forse avrebbe confuso le idee, e in fin dei conti non risponde alla domanda.

    ma poi, come si fa a trovare difetti in un film grandioso come questo?

    RispondiElimina
  8. "ma poi, come si fa a trovare difetti in un film grandioso come questo?"

    In effetti, non hai tutti i torti! :-)

    RispondiElimina
  9. veramente se ci fate caso quando jack gyllenhall e michelle monagan si specchiano su quel monumento (che non so come si chiama) nella scena finale, nel riflesso il corpo che si vede è di Sean Fentress!!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Certo! È proprio quel dettaglio che obbliga a riflettere sul destino del povero Sean e a chiedersi che fine abbia fatto…

      Elimina