10 aprile 2012

Letture: Il canone occidentale, di Harold Bloom

Il canone occidentale è forse il libro più conosciuto di Harold Bloom. In questo volume Bloom, da molti considerato il critico letterario più influente al mondo, traccia una storia della letteratura occidentale analizzando le opere e gli autori che hanno creato quel canone con cui ogni scrittore si deve confrontare. Partendo da Shakespeare e Dante, Bloom riconosce come canonici altri 24 scrittori (Chaucer, Cervantes, Montaigne, Molière, Milton, Dr. Samuel Johnson, Goethe, Wordsworth, Jane Austen, Walt Whitman, Emily Dickinson, Charles Dickens, George Eliot, Tolstoi, Henrik Ibsen, Freud, Proust, James Joyce, Virginia Woolf, Franz Kafka, Jorge Luis Borges, Pablo Neruda, Fernando Pessoa, Samuel Beckett). Nel volume illustra con competenza e passione i meriti e i limiti di ognuno di loro.

Foto di Giorgio Raffaelli

Avete presente il classico vecchio zio brontolone?
Quello a cui non va bene nulla che non abbia sperimentato personalmente?
Quello che per quanto si guardi in giro quello che vede è solo quello che ha già visto?

Dopo la lettura de Il canone occidentale posso dire che Harold Bloom m'è parso la versione critico letterario di quel vecchio zio.
Fortunatamente il cliché del vecchio zio brontolone ha anche qualche lato positivo, che la competenza, la cultura, la passione di Harold Bloom sono fuori discussione. Grazie ai suoi scritti ho scoperto autori di cui conoscevo a malapena il nome e ho potuto ammirare e approfondire le particolarità di quelli che invece conoscevo solo superficialmente.


Non ne so abbastanza per cogliere tutta la messe di informazioni e suggestioni che Bloom dedica al corpus di titoli e agli autori che ritiene degni di far parte del canone letterario occidentale, ma ci sono due aspetti più volte ribaditi nel volume che mi paiono quantomeno curiosi: l'idea di letteratura come competizione, per cui secondo Bloom gli autori farebbero a gara per superarsi vicendevolmente e la polemica nei confronti dei critici di scuola diversa (quelli devoti al politically correct, ma anche quei critici che - semplifico - vedono legami vicendevoli tra letteratura e società), che Bloom non perde occasione per sbeffeggiare, riducendo a battuta qualsiasi possibile occasione di confronto. E senza la possibilità di confrontare in modo serio e pacato le relative posizioni, l'unico che ci rimette è il lettore comune, che si trova spiazzato di fronte alla stentoreità di certe affermazioni. Anche perché quei criteri estetici che secondo Bloom sono l'unico metro per giudicare un'opera d'arte, assomigliano molto a un voler attribuire valori oggettivi a giudizi che in definitiva (e per quanto condivisibili) sono del tutto soggettivi. Ma mi fermo qua, che dal basso del mio blog non posso certo mettermi a discutere con un nume tutelare della critica letteraria come Harold Bloom.
(Annoto comunque che se mai leggerò Proust sarà per merito di questo volume).

12 commenti:

  1. "secondo Bloom gli autori farebbero a gara per superarsi vicendevolmente"

    L'ho sempre pensato anch'io.

    Piuttosto, se posso, chiederei qual è il canone individuato da Bloom, e quali sono i suoi limiti di applicabilità, se il critico li ha definiti.
    E, inoltre, se ho ben capito, il canone, per Bloom, diventa metro di giudizio, e di conseguenza chi è fuori canone - un bel po' di nomi di peso - sarebbe inferiore a chi invece rientra nei suoi confini?

    Kraton

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  2. "secondo Bloom gli autori farebbero a gara per superarsi vicendevolmente"

    L'ho sempre pensato anch'io.


    Io invece sono convinto che la letteratura (l'arte, più in generale) abbia come fondamento la necessità di comunicare, non quella di primeggiare. Che poi ci sia anche la competizione, ok, ci può stare, ma certo non come motore principale della creazione.

    Riguardo alle caratteristiche del canone, da quel che ho capito, Bloom le identifica nella capacità del dato autore di superare, esteticamente (per quel che vuol dire) i limiti e le convenzioni della letteratura che lo ha preceduto. Immettendo in questo modo nuova linfa nel corpo della letteratura tutta.
    Un autore diventa canonico quando quel che scritto è in qualche modo diverso da quanto prodotto prima di lui e ha conseguenze sulla letteratura che lo seguirà. (che poi diverso - per rispondere all'ultimo tuo dubbio - non significa necessariamente migliore. Il nome di Freud inserito nel novero degli autori canonici mi pare parli da solo…).

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  3. Comunicazione vs. agone: be', penso dipenda da caso a caso. A volte la bilancia pende più da uno dei due lati. Altre si approssima nel mezzo. Che tra parentesi sono le circostanza che più gradisco, ma tant'è, il discorso è molto, forse troppo ampio e minato, non vorrei divagare. Tuttavia la componente agonistica non è da sottovalutare, non mi ricordo dove ho letto scambi di "complimenti" tra nomi illustri della narrativa davvero niente male.

    Sul canone, mi par di capire che sostanzialmente le cose funzionino come con i Mirone, Policleto e Lisippo della Grecia che fu. Boh, a me sa tanto di mania etichettatrice, ma non essendo un critico lascio la palla a chi di dovere, seppure credo che l'importanza di uno scrittore, anche all'interno del panorama culturale - e non solo letterario -, trascenda il semplice dato estetico, se con questo intendiamo i problemi di forma, stile ecc. Aggredendo il problema con un'altra ottica magari si troverebbero canoni tematici e via così. Per me non è meno rilevante, le innovazioni stanno anche nelle idee tra e dentro le righe.
    Ad ogni modo, grazie per l'esaustiva e cortese risposta.

    Kraton

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    1. "Tuttavia la componente agonistica non è da sottovalutare […]"

      Capisco il confronto, la polemica e la discussione dei vari scrittori con i loro contemporanei. Ma ce lo vedi, chessò, un Goethe che si mette alla scrivania, penna in mano, col pensiero fisso di fargliela vedere lui a 'sto cazzo di inglese morto?
      O un Ibsen che "ehi!, Moliere, confronto a me non è nessuno!"?


      Per quanto riguarda il canone, il discorso che Bloom porta avanti ha una sua logica, e non si riduce a classifica ed etichette. Poi ok, certe posizioni che non saprei come definire se non cpme politiche lasciano un pochino perplessi, ma gli aspetti positivi del volume superano di gran lunga i difetti rilevati.

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    2. Vedo più Hemingway e Foulkner intenti a tirarsi contro le rispettive macchine da scrivere ringhiando "Tu puoi solo baciarmi le scarpe". Ma, appunto, loro sono fuori canone, ah ah.

      Kraton

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    3. eheheh!

      Se non li hai già letti, dai un'occhiata qui e pagine seguenti…
      C'è da divertirsi. :-)

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  4. E' l'approccio giusto.
    La critica è utile quando ti aiuta, incuriosisce o dà strumenti per comprendere gli autori. Quando si lancia in grandi visioni d'insieme può ancora essere interessante o di stimolo, ma non bisogna mai confondere queste narrazioni con saggi scientifici.
    Bloom non è certo l'unico critico che parte da una idea di letteratura personale - e non è necessario condividere premesse o conclusioni per apprezzare lui o Todorov o Adorno o George Steiner, per citare solo alcuni nomi che ho dovuto studiare di cui condivido alcune cose e altre meno.
    Però, nel suo caso, detto dell'enorme cultura, quanto c'è di condivisibile nei suoi argomenti non mi sembra particolarmente originale, e c'è molto confirmation bias e circular reasoning nel resto.

    altro, velocemente:

    * Io non ho tutto questo entusiasmo per TC & Tc. Ne riparleremo.

    ** Eh ma i miei post sono pianificati in occasione delle date. Nota come sono lentamente discesi all'inferno per poi risorgere il giorno di pasqua ;) E se dovessi dilatare i tempi poi temo di non finirlo da vivo
    Magari lo clonerò in un blog vero e proprio in occasione del primo anniversario

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    1. "[…]c'è molto confirmation bias e circular reasoning[…]"

      Sì, è una sensazione che avevo anch'io, ma che non mi azzardavo ad esprimere vista la mia ignoranza della materia.

      Su TC & TC, nemmeno io. O meglio, mi ha lasciato entusiasta l'idea, un po' meno i tizi che ci ha infilato in mezzo. Ma se ne riparla la prossima settimana.

      Sul blog potenziale, chissenefrega se non lo finisci! L'importante è poterne fruire al meglio, no?

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  5. Harold Bloom lo adoro, ho letto quasi tutti i suoi libri, gli voglio un bene dell'anima, e ti consiglio caldamente "Il Genio". Ovvio che chi sta fuori dal canone come Petrarca, Boccaccio, Baudelaire, Campana o altri non vuol dire che valgono come il due di picche, cosa non capita dalle femministe sfegatate come Doris Lessing o Toni Morrison o dai politically correct che hanno interpretato il canone come una moderna hit parade. Il canone è semplicemente una lista di autori che Bloom ama e che considera, ma non solo lui, fondamentali per la cultura occidentale (io toglierei la Austen, fosse per me). Poi Bloom analizza un altro aspetto fondamentale: l'influenza di un autore su un altro. E qui sta la grandezza e la lungimiranza del più grande critico del mondo. Ti consiglio allora "Anatomia dell'influenza".

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    1. Ciao Denny B. e benvenuto da 'ste parti!

      Grazie per il tuo contributo. Come dicevo sopra Il canone Occidentale è un libro illuminante per la possibilità che offre di scoprire autori "importanti" raccontati con passione e competenza, ma rimane illuminante solo a patto di non considerarlo una bibbia della letteratura mondiale. Dopotutto Il canone Occidentale è solo una lista soggettiva e personale degli scrittori preferiti da un lettore particolare.

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  6. appunto è un asemplice guida. Qualcosa in più di una semplice garzantina. Critico? La critica non si basa su scelte a priori tantomeno a passioni private. Ogni persona che conosce ongi forma d'arte potrebbe fare una classifica e non sarebbe di valore nè superiore nè inferiore a quella di un altro. L'arte non soino 100 metri, chi arriva primo prende l'oro, chi secondo l'argento e così via. Quindi non parliamo di critica ma di qualcosa molto simile a un elenco telefonico selezionato da chi scrive.

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