01 agosto 2013

Visioni: 7 psicopatici

 Marty: Friends don't make their friends die Hans.
Hans: Psychopathic friends do. You're the one thought psychopaths were so interesting, but they're kinda tiresome after awhile don't you think?








Spacciato come l'ennesimo clone post-tarantiniano (avete presente quel calibrato mix di violenza, innocua ironia, dialoghi forsennati e personaggi eccessivi? Roba che di solito esplode in mano a chi è convinto che la formula sia sufficiente a creare il blockbuster del caso), 7 psicopatici, scritto e diretto da Martin McDonagh, è invece un ambizioso quanto riuscito pezzo di equilibrismo cinematografico.

7 psicopatici è un film cannibale e spericolato, in cui ogni scena tenta di sabotare quella immediatamente precedente. Nella costruzione complessa deIla storia, nell'accumularsi sfrenato di temi e personaggi e storie è evidente il tentativo di distruggere consapevolmente le aspettative dello spettatore, offrendogli un'alternativa solitamente più beffarda, intelligente, e spiazzante del cliché messo in scena. Un lavoro simile rischia ad ogni passo di collassare sotto il peso delle sue stesse ambizioni. E invece 7 psicopatici tiene botta in maniera brillante fino alla conclusione, grazie alla prestazione entusiasmante di tutto il cast, al controllo ferreo dei tempi e degli spazi e, soprattutto, alla leggerezza dell'impianto, che sfrutta le caratteristiche ormai canoniche del genere per portare lo spettatore in territori solitamente poco battuti da queste operazioni.
Ed è notevole come Martin McDonagh sfugga alle trappole parodistiche in cui la messa in scena di 7 psicopatici rischia di cadere ad ogni passo, eviti ogni deriva citazionista - che ormai, oh… che palle! -  giochi con il livello metacinematografico della pellicola in maniera seria ma controllata, senza mai travolgere il nucleo narrativo della vicenda.

Avevo già apprezzato il lavoro che McDonagh aveva fatto per destrutturare il genere dall'interno con quel piccolo gioiello di In Bruges. 7 psicopatici alza ulteriormente l'asticella per chi volesse ancora riproporre la solita miscela di violenza scanzonata (see…) e demenza seriale. E se è vero che operazioni come questa rischiano la schizofrenia narrativa e la dispersione in mille rivoli del cumulo di suggestioni che si accalcano e si sovrappongono alla disperata di ricerca di un po' d'attenzione, è anche vero che il percorso scelto dall'autore è forse l'unico che offra una via d'uscita dalle secche citazionistico-derivative in cui è sprofondato il cinema in questi decenni. Con il rischio di cadere ad ogni ulteriore passo lungo il filo sottile teso tra le sabbie mobili dell'autorialità masturbatoria e la rassicurante certezza del già visto e sentito. Ma con la possibilità di assistere, lungo il percorso, a qualche altro salto mortale, e rimanere col fiato sospeso sperando che l'acrobata non finisca spappolato al suolo.

Non so quale sarà il prossimo progetto di Martin McDonagh, ma mi metto in fila, in paziente attesa, che mi piace come 'sto tizio vede le cose.


4 commenti:

  1. stessa cosa che ho pensato io, ma scritta meglio!

    non avevo notato che fosse lo stesso autore/direttore di "in bruges", che a sua volta mi era piaciuto parecchio. a questo punto penso che mi metterò a seguirlo meglio.

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    1. Non lo sapevo nemmeno io.
      L'ho scoperto dopo aver visto 7 psicopatici.
      E beh… 'sta cosa gli ha fatto guadagnare qualche punto in più.

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  2. Mi hai incuriosito. Appena posso non me lo faccio sfuggire. (sì, anche a me era piaciuto molto In Bruges, tant'è che ormai da qualche anno sto pensando di andare a passare un paio di giorni nella cittadina belga).

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    1. Abbiamo ventilato per un attimo la possibilità di passare per Bruges quest'estate, ma era un po' scomodo. Però un giro da quelle parti lo vogliamo fare pure noi. Magari la prossima primavera, chissà…

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